I sintomi della malattia da coronavirus (COVID-19) assomigliano molto a quelli dell’influenza e a volte a quelli delle altre sindromi da raffreddamento tipiche della stagione fredda. Possiamo indicare i più comuni al coronavirus, sottolineando però che la prevalenza di uno o dell’altro dipende anche dalle singole persone.
Ci sono tre principali campanelli d’allarme che possono scattare: febbre, tosse secca e difficoltà respiratorie. L’entità e la gravità di questi tre segnali è quella che i numeri messi a disposizione dell’emergenza sanitaria cercano di valutare.
La febbre può salire molto, di solito mette in allarme quando non passa con gli antipiretici e cresce sopra i 37,5. In presenza di febbre, secondo le attuali normative bisogna rimanere in casa isolati. Nel più vasto studio realizzato in Cina su 55.924 casi confermati in laboratorio (studio cui ci riferiremo d’ora in avanti per le percentuali) la febbre era al primo posto con l’87,9% di prevalenza.
La tosse è descritta come secca, stizzosa e insistente, non con catarro ed era presente nel 67,7% dei casi. Il respiro corto, la difficoltà a respirare, a parlare (tipo apnea) è proprio del 18,6% dei casi, ma nei numeri d’emergenza viene valutato come importante (insieme a febbre che non scende e tosse insistente) per destare allarme.
Altri sintomi in ordine di prevalenza sono: affaticamento (38,1%), produzione di espettorato (33,4%), mal di gola (13,9%), mal di testa (13,6%), mialgia o artralgia (14,8%), brividi (11,4%), nausea o vomito (5,0%), congestione nasale (4,8%), diarrea (3,7%), tosse con sangue (0,9%) e congestione congiuntivale (0,8%).
Le persone con COVID-19 generalmente sviluppano segni e sintomi in media 5-6 giorni dopo l’infezione (il periodo massimo di incubazione è entro i 14 giorni). Corriere della Sera