Quando ieri mattina sono stati fatti sbarcare altri 72 migranti, nessuno si è curato più di tanto del fatto cha a portarli nel porto di Lampedusa fosse stata una nave della Guardia di Finanza.
Il numero dei nuovi arrivati è così finito nel computo complessivo degli sbarchi che, da quando Matteo Salvini non siede più al Viminale, continua a crescere a dismisura. Non passa, infatti, giorni che l’isola siciliana non venga presa d’assalto da barchini e barconi. L’imbarcazione che aveva a bordo questi ultimi disperati ha, però, iniziato a trovarsi in difficoltà nella notte tra il 2 e il 3 ottobre, quando navigava in acque maltesi. E lì sarebbe intervenuta la nostra Guardia Costiera per prestare soccorso e portarli poi in Italia.
“Chi ha autorizzato l’intervento?”. Salvini, che quando era ministro dell’Interno aveva vietato ai nostri militari qualsiasi tipo di operazione fuori dall’area “search and rescue” di nostra competenza, vuole vederci chiaro su quanto accaduto la notte scorsa. Non fa il nome né di Luciana Lamorgese, che adesso siede al Viminale al suo posto, né Paola De Micheli, che è il nuovo ministro dei Trasporti. Nelle prossime ore la Lega presenterà una interrogazione per sapere dal governo Conte se la missione compiuta dalla Guardia Costiera “nella notte tra mercoledì 2 ottobre e giovedì 3” sia avvenuta “in acque ‘search and rescue’ maltesi”. Il punto è molto importante perché, se così fosse, il soccorso avrebbe dovuto essere in capo alla Valletta. Perché Malta non si è mossa? Perché è dovuta intervenire la marina italiana? Domande a cui ora è difficile rispondere ma che, se confermate, riportano l’Italia indietro di un anno e mezzo, a quando la sinistra obbligava i nostri militari ad andare a recuperare i migranti in giro per il Mar Mediterraneo. “Siamo di fronte al ritorno delle operazioni della Guardia Costiera al di fuori delle acque territoriali italiane?”, si chiede il leader del Carroccio.
Che l’operazione della notte tra il 2 ed il 3 ottobre porti la firma della nostra marina è fuori discussione. A muoversi da Lampedusa, fanno sapere al Giornale.it fonti ben informate, sarebbero state “una motovedetta della Guardia Costiera e una della Guardia di Finanza”. Il problema, ora, è stabilire dove sia avvenuto l’intervento. Perché, così come ci spiegano fonti della Capitaneria di porto, può accadere uno “sconfinamento” nelle acque “search and rescue” maltesi quando un’imbarcazione in difficoltà si spinge verso Lampedusa. “I confini sono molto vicini – fa notare una fonte – in certi punti le acque di competenza maltese confinano con le acque territoriali italiane”. Dunque, una volta notata l’imbarcazione in avaria, l’intervento potrebbe essere stato fatto a cavallo delle nostre acque territoriali e, forse, anche un po’ oltre.
A livello politico la questione non è soltanto relativa al dettaglio del punto esatto dove è avvenuto il salvataggio. Il distress, come è possibile ricostruire dalla cronologia dei tweet di Alarm Phone, viene dichiarato già nel pomeriggio del 2 ottobre, quando il barcone con il motore in avaria è lontano da Lampedusa e pienamente in acque “search and rescue” maltesi. Eppure, e non è la prima volta che succede nel mese di settembre, dalla Valletta nessuno risponde alla richiesta di intervento. Per cui, dopo almeno otto ore passate in avaria, il governo giallorosso decide di muovere la nostra Guardia Costiera e di frarle portare i migranti recuperati in una Lampedusa il cui locale hotspot è sempre più al collasso.
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