Il provvedimento, rinviato di una settimana, è stato ricalendarizzaro alla Camera per il 5 marzo. E ora l’obiettivo è cercare di ricompattare la maggioranza, facendo rientrare i malumori dei grillini dissidenti. Il momento è delicato. Anche perché i leghisti hanno mal digerito lo stop a quello che è uno dei cavalli di battaglia di Matteo Salvini.
La spiegazione ufficiale resta quella di un semplice rinvio per ragioni tecniche. “Nessuno scontro, anzi, la norma è pienamente condivisa”, ha assicurato il guardasigilli Alfonso Bonafede. In realtà, stando a quanto riporta l’agenzia Lapresse, la “condivisione” è tutt’altro che granitica. Dopo il clamoroso tracollo del Movimento 5 Stelle in Sardegna, molti parlamentari pentastellati sono usciti allo scoperto e hanno avvertito Luigi Di Maio: “La legittima difesa non s’ha da fare”. Il malcontento starebbe salendo di ora in ora. Tanto che il pericolo cova dietro l’angolo. Il capo politico del M5S ha sponsorizzato il rinvio, certo di riuscire riprendere in mano la situazione. Ma, stando a quanto trapela, Salvini lo avrebbe avvertito con estrama chiarezza: “Tieni i tuoi o salta tutto”.
“La legge è nel contratto e rispetteremo i patti”, ha assicurato Di Maio a telecamere accese. Ma dietro i riflettori la crisi è palpabile e l’opposizione grillina alla politica di “un governo troppo schiacciata sulla Lega” si fa sempre più sostenuta e numerosa. “Il timore – riferiscono fonti della maggioranza – è che proprio sulla legittima difesa si possa creare quell’incidente parlamentare più volte minacciato e mai arrivato”. Il diktat è, dunque, prendere tempo nella speranza che i mal di pancia si plachino. Ma a infiammare gli animi dei grillini, quelli che appartengono all’ala legata a Roberto Fico, ci ha pensato il voto sulla mozione che ha definitivamente stralciato il “Global Compact”. Sono in tre i pentastellati a votare “no” in dissenso del gruppo: Giuseppe Brescia, Valentina Corneli e Doriana Sarli. Tutti notoriamente contrari alle politiche migratorie dettate dalla Lega. “È stato lanciato un avvertimento – ipotizzano in Transatlantico – ora non c’è più il timore di uscire dalla mischia”