Se vuole parlare ai giovani, la Chiesa non si aggiorni

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di Giuliano Guzzo

La Chiesa si attivi e si aggiorni. In attesa della seconda tornata dei lavori all’interno dei gruppi ristretti del Sinodo dei vescovi dedicato ai giovani, dai report relativi al primo confronto in seno ai 16 circoli minori nei quali sono suddivisi i 267 partecipanti all’assise, tra gli altri emerge quest’invito mondano che più mondano non si potrebbe: la Chiesa si aggiorni, soprattutto aggiorni il suo insegnamento in materia di sessualità. Perché? Beh, perché altrimenti i ragazzi giustamente scuotono il capo, non capiscono e continuano ad allontanarsi – o almeno così pare di capire.

Voglio difatti restarmene tranquillo (non è facile, ma ci provo), augurandomi che questa sociologia da discount non attecchisca in quello che, più che dei giovani, diventerebbe il Sinodo dei anziani ed anche po’ rimbambiti dato che son decenni che, come un disco rotto, la solfa della «morale da aggiornare» seguita a circolare. Un mantra datato e pure fallace dato che il vero problema, oggi, non è certo l’evangelizzazione vintage né la presunta rigidità morale, ma la vera assenza di fede: questo è. Ed è da qui, dalla fede nel sepolcro vuoto causa Risurrezione, che si deve ripartire.

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Purtroppo però io non avrei autorità e forza per illuminare il Sinodo, autorità e forza che però non mancano alla santa del giorno, che 500 anni fa già si misurava col tema della scarsa popolarità della morale cristiana. «Perché così poca gente s’allontana dai vizi pur sentendo tante prediche? Sapete cosa penso io? Che i predicatori hanno troppa umana prudenza e non bruciano di quel gran fuoco d’amore di Dio di cui gli Apostoli erano invece ardenti. Non pretendo che siano così infuocati, ma solo un po’ più accesi». Ecco dunque servita la ricetta per i padri sinodali: meno sondaggi, meno cattiva sociologia, più santa Teresa d’Avila.