Quando erano al potere, raccontavano che senza il divorzio breve, le unioni civili e il biotestamento sarebbero durati i tempi cupi. Ieri invece dicevano che, se al referendum sulla riforma costituzionale del 4 dicembre 2016 avesse disgraziatamente prevalso il no, il Paese avrebbe perso il suo ultimo treno. In queste, poi, settimane hanno ripetuto fino alla noia che se questo governo rimane in sella, beh, per l’Italia sarà la bancarotta. Eppure ieri gli esponenti del Pd hanno avuto l’idea di convocare una manifestazione, in corso a Roma, a piazza del Popolo, intitolandola così: «Per l’Italia che non ha paura».
Incredibile. Prima recitano la parte dei profeti di sventura, agitando spettri inquietanti, e poi si atteggiano a caldi messaggeri di speranza; prima cavalcano le paure annunciando catastrofi, e poi si presentano come coloro che no, paure proprio non ne hanno: alzi la mano chi non si sente preso per i fondelli. E poi ci si chiede come mai il fronte progressista vada naufragando nei sondaggi, quando il motivo sta tutto in queste colossali contraddizioni, che non solo non vengono colte ma autorizzano chi dovrebbe fare una buona volta autocritica a dispensare ancora una volta lezioni. Quanto a me, per quanto mi sforzi, cara dirigenza piddina, qualcosa che mi fa paura c’è. Siete voi.