A leggere la grande stampa e a sentire le dichiarazioni addolorate di certi politici, sembra che quella del 2018 sia destinata a passare alla storia come l’estate della violenza razzista, delle aggressioni, della «caccia al nero». Ora, con tutto il rispetto per chi solleva questo tipo allarme – presunto o reale che sia -, da sociologo aspetterei i dati, prima di esprimere qualsivoglia considerazione. Certo, il fatto che per l’aggressione all’atleta Daisy Osakue molti giornali abbiano gridato all’aggressione razzista – subito smentiti dalla magistratura – non lascia ben sperare, sull’obbiettività del giornalismo italiano sull’argomento.
Ad ogni modo, in attesa di poter effettuare un’analisi sulla “terribile” estate in corso, è già possibile affermare una cosa: gli Italiani non sono un popolo razzista. Lo si evince da numerosi indizi. Tanto per cominciare, il nostro Paese – così paurosamente intollerante, secondo alcuni, – è stato praticamente il solo, come hanno notato, stupiti, fior di osservatori internazionali, nel quale il terrorismo islamico non ha compiuto delle stragi. Tutto merito delle pur validissime forze dell’ordine oppure, anche se si fa fatica ad ammetterlo, qui l’integrazione funziona già più che decentemente, anche senza Ius soli? Chi lo sa. E’ un dubbio con il quale – pur senza negare che talvolta, anche da noi, episodi di razzismo possano essersi verificati – vale la pena confrontarsi.
Anche perché un conto è confrontare quel che gli Italiani dicono – cosa che può farli apparire intolleranti, in certe rilevazioni demoscopiche -, un altro è andare a vedere cosa poi concretamente avviene. Un compito, quello di conteggiare pazientemente gli episodi di razzismo verificatisi in realtà, che si sono sobbarcati gli autori del rapporto dell’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti dell’uomo (Odihr) dell’Osce – organizzazione per la sicurezza e la cooperazione che dal 2006 raccoglie e sistematizza informazioni e statistiche ricevute dagli Stati aderenti – scoprendo, per il nostro Paese, in effetti come da un lato i casi di violenza segnalati siano in aumento, anche se questo è verosimilmente determinato da un sistema più efficiente di rilevazione e di comunicazione dei dati, ma, dall’altro, come il confronto fra altri importanti Paesi europei veda l’Italia particolarmente tollerante.
Gli episodi di razzismo e xenofobia segnalati nel nostro Paese nel 2014 (appena 4 anni fa) ammontano difatti a poco più di 400 – per la precisione, 413 –, che è comunque un numero da non sottovalutare anche se, questo è il punto, moltopiù basso di quelli registrati in Francia (678), Finlandia (829), Germania (2.039), Svezia (2.768) e Regno Unito (43.113), tutti Paesi solitamente osannati come più avanzati e civili del nostro. Certo, si può sempre obiettare che questi dati possono risentire di una differente propensione, da Paese a Paese, alla segnalazione degli atti di violenza ma, a parte che la cosa è tutta da dimostrare, la discrepanza tra quanto rilevato in Italia rispetto agli altri Paesi è troppo elevata per essere spiegata solo così.
Vuoi vedere che gli italiani pieni di “stereotipi e pregiudizi”, in realtà, sono meno razzisti di altri? Un’ipotesi, questa, suggerita anche da un’analisi, realizzata nel 2013, sui dati World Values Survey – rilevamento ultradecennale dell’opinione pubblica mondiale – in ordine alle tendenze razziste degli abitanti di 80 Stati. Sondando, in particolare, la difficoltà di avere come vicini persone straniere, si è visto come l’Italia, pur risultando meno tollerante della Germania e dell’Inghilterra, risultasse comunque mentalmente più aperta della Francia e ai livelli della civilissima Finlandia. Non proprio quello che si direbbe, insomma, un Paese razzista. Attenzione, però, perché le sorprese di quell’analisi internazionale non sono finite.
Andando infatti a verificare quali fossero, in cima alla classifica del razzismo, i Paesi più problematici, questa è la classifica emersa: India, Bangladesh, Indonesia, Vietnam, Corea del Sud, Arabia Saudita, Iran e Nigeria. Una classificaaltamente imbarazzante per i paladini del politicamente corretto. Non solo, infatti, non vi figura alcun Paese europeo, ma la maggioranza di questi Paesi molto razzisti – cinque su otto – vanta come prima religione quella mussulmana. Ma l’Islam, scusate, non era un credo tollerante? Non erano gli Europei a dover spalancare menti e cuori? Questo è quanto ripetono, con frequenza ormai ossessiva, i corifei del buonismo, sempre pronti a denunciare l’Italia come Paese che deve sbarazzarsi del razzismo. La realtà, però, è un’altra cosa.