Dalla Libia di migranti ne partono ormai sempre di meno. Lo dicono i numeri, come quelli diffusi dall’Oim secondo cui è ormai la Spagna il Paese preferito dai trafficanti di esseri umani.
La rotta Occidentale del Mediterraneo ha superato quella Centrale e questa è la vera novità. Ma anche sulle navi della Marina italiana impegnata nel pattugliamento del mare nostrum (non solo per l’emergenza immigrazione, è ovvio) tastano con mano che qualcosa è ormai cambiato.
A raccontarlo a Lorenzo Cremonesi del Corriere è Sebastiano Rossitto, comandante della fregata Virginio Fasan, l’ammiraglia della missione che opera di fronte alla Libia da metà 2015. “Nel nostro ultimo mese di pattugliamenti ininterrotti dal Canale di Sicilia, le coste della Tripolitania, al largo del Golfo della Sirte e sino alle zone a nord delle acque territoriali della Cirenaica, non abbiamo mai incontrato alcun naviglio di migranti e neppure i battelli delle organizzazioni non governative internazionali. Una situazione che ha caratterizzato le attività delle navi militari di Mare Sicuro anche nel periodo precedente il nostro turno“. L’inviato del Corriere ha passato un’intera giornata a bordo della nostra imbarcazione militare e non è stata intercettato nessun natante carico di disperati. “In una giornata così un anno fa potevano essere in mare sino a una quindicina di barche con 3.000 migranti. Nel 2013 ne prendemmo a bordo 1.500 in 24 ore“, dice il capitano di corvetta Massino Nava.
In fondo Salvini lo ha detto e ripetuto più volte: i porti italiani sono chiusi e nessuno, neppure le Ong, deve interferire col lavoro della Guardia costiera di Tripoli. Spetta a loro prelevare i migranti dai barconi e riportarli indietro. Secondo il Contrammiraglio Andrea Cottini, “L’ultima volta che le cinque navi della Mare Sicuro sono state coinvolte direttamente nella questione migranti è stato agli inizi di giugno, quando hanno scortato al porto spagnolo di Valencia i circa 600 imbarcati sull’Aquarius della ong Sos Méditerranée. Altrimenti direi che, almeno per il momento, il problema è radicalmente mutato“.
IlGiornale