A sei anni dalla morte, avvenuta il 13 giugno 2012, la diocesi di Roma ha avviato il processo di beatificazione di Chiara Corbella Petrillo, la giovane mamma romana che scelse di non curarsi dal cancro perché incinta del terzo figlio, Francesco. Chiara era (o sembrava ) una ragazza come tante: romana, cattolica, figlia di quella «generazione Gmg» cresciuta nel «non abbiate paura» di papa Wojtyla. Aveva solo 28 anni, era bella, suonava il violino, e prima di Francesco lei e il marito Enrico avevano avuto altri due bambini, Maria Grazia Letizia, nata anencefalica e vissuta solo 30 minuti, e Davide Giovanni, anche lui morto subito dopo la nascita per malformazioni gravissime.
La sua storia
Chiunque al suo posto se la sarebbe presa almeno un po’ con Dio: due gravidanze concluse con altrettanti funerali e il tumore scoperto al quinto mese della terza. Ma Chiara no. «Nel matrimonio – scrive nei suoi appunti – il Signore ha voluto donarci dei figli speciali: ma ci ha chiesto di accompagnarli soltanto fino alla nascita, ci ha permesso di abbracciarli, battezzarli e consegnarli nelle mani del Padre in una serenità e una gioia sconvolgente». La sua fede, e quella di suo marito, era talmente profonda e limpida da affidarsi totalmente a Dio, accettando tutto ciò che viene da lui con coraggio e persino allegria. Raccontano di lei che quando decise di non curasi per far nascere il bambino, ai parenti e gli amici che la compiangevano replicava ironicamente: «Va bene tutto, la prova, la malattia, ma se voi fate ’ste facce gnela posso fa’». E in tutte le foto, anche quelle degli ultimi mesi, ha sempre un sorriso pieno di gioia: anche se sapeva che la malattia l’avrebbe uccisa, che non c’erano più speranze. La sua fiducia in Dio era, come per San Paolo, «scandalo e follia» per chi non crede. Tanto che due mesi prima di morire decise di fare, con fatica date le sue condizioni, un ultimo pellegrinaggio a Medjugorje «per ringraziare la Madonna del sostegno che ci ha dato finora». Anche dei suoi funerali, celebrati nella parrocchia di Santa Francesca Romana dall’allora cardinal vicario Agostino Vallini, con oltre mille persone a salutarla, restano video gioiosi, col marito che suona alla chitarra le canzoni che avevano composto insieme e gli amici che cantano con lui.
«Come Gianna Beretta Molla»
Chiara, come si legge nell’editto, è stata una «laica e madre di famiglia, sposa e madre di grande fede in Dio, che ha confidato sempre nella Provvidenza del Signore anche quando il dolore è entrato nella sua vita». Lo stesso cardinal Vallini ha parlato di lei come di «una seconda Gianna Beretta Molla», la mamma che come lei si lasciò morire per non rinunciare alla figlia che aveva in grembo e che è stata canonizzata. E ha aggiunto, durante l’omelia del funerale: «Ciò che Dio ha preparato attraverso Chiara, è qualcosa che non possiamo perdere».
L’iter della causa
Per la Chiesa cattolica, per iniziare una causa di beatificazione, primo passo verso quella di canonizzazione, devono passare almeno 5 anni dalla morte del candidato. «Ciò per consentire maggior equilibrio ed obiettività nella valutazione del caso e per far decantare le emozioni del momento. Tra la gente deve essere chiara la convinzione circa la sua santità (fama sanctitas) e circa l’efficacia della sua intercessione presso il Signore (fama signorum)», spiegano le norme canoniche. E la fama di santità di Chiara, la sua gioia, il suo esempio, sono sempre più diffuse anche fra i non credenti. Anzi, sul sito www.chiaracorbellapetrillo.it , aperto da un gruppo di amici di Chiara e Enrico, si moltiplicano le preghiere e le richieste di intercessioni, tanto che in molti raccontano di avere ritrovato la fede grazie alla sua testimonianza. Si legge sul sito: «Dopo aver visto che anche la sofferenza può diventare un capolavoro e che la morte non è mai l’ultima parola, abbiamo creato un’associazione per diffondere nel mondo questa storia di Bellezza».