Paternò. Parla Distefano: “Immobilismo su sviluppo vero della città”

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Anthony Distefano, già candidato sindaco di Paternò e attuale consigliere comunale.

Anthony Distefano, già candidato sindaco di Paternò e attuale consigliere comunale.

di Redazione

Un anno fa le elezioni Amministrative. Lei fu candidato sindaco ed entrò in Consiglio. Cosa ritiene sia cambiato a Paternò da quel momento?
Bisogna intendersi sul cosa voglia significare la parola “cambiamento”. A me quello che colpisce di questa Amministrazione è che non amministra. Abbiamo assistito ad una memorabilia di cose promesse in campagna elettorale. Oggi siamo all’inerzia nel fare. Ma il giudizio devono esprimerlo i cittadini ed è a loro che va chiesto cosa è stato fatto finora e se sono soddisfatti di que sto primo anno.

Secondo lei cos’è che non si è messo in moto?
Io assisto quotidianamente ad un immobilismo che riguarda lo sviluppo ed il tentativo di rilanciare le attività commerciali della città. Ad un’assenza programmatica sul campo del lavoro, ad emergenze come quelle dei loculi che si sono aggravate. La viabilità è nel caos, ad ogni angolo delle strade c’è un’attività commerciale irregolare. Sul Piano Regolatore Generale non si fanno passi avanti. Persino sulla differenziata i dati ufficiali e non quelli della propaganda, dei primi tre mesi del 2018 restano imbarazzanti. Ma c’è una questione su tutte che non si può più sottovalutare.

Quale?
Quella dei conti del Comune. Non si ha traccia del Consuntivo e si attende il Preventivo 2018. Dopo che era stato promesso che sarebbe stata tagliata l’addizionale Irpef, altro cavallo di battaglia di questa Amministrazione in campagna elettorale. Non hanno mantenuto un solo impegno. In consiglio dieci rappresentanti dell’opposizione abbiamo protocollato il 31 marzo scorso una richiesta di dimezzamento dell’Irpef e ne hanno fatto carta straccia, calpestando il volere dei rappresentanti di migliaia e migliaia di paternesi che lo scorso anno sono stati chiamati a votare anche su questo. Oggi occorrerebbe quantomeno un riequilibrio dei conti, ed invece continuano a far finta di nulla e a nascondere la polvere sotto il tappeto. E’ da irresponsabili.

Per contro, qual è la situazione in Consiglio Comunale?
Oggi il Consiglio Comunale è solo una sorta di notaio chiamato a ratificare prese d’atto. E’ svuotato di tutto, di ogni sua prerogativa di dibattito e confronto politico. Non arrivano delibere di Giunta e si vota per certificare questioni che rappresentano la quotidianità. Così è inevitabile che in Consiglio gli spazi di discussione siano assenti. E allora è chiaro che l’opposizione finisci per trovarla fuori, tra la gente e le Associazioni. A proposito, per fortuna che esistono le instancabili Associazioni di volontariato paternesi. Altrimenti chissà dove saremmo.

Quale contributo può dare l’opposizione in assise?
Quella di fare da sprono e nulla di più. Tante volte l’opposizione viene addirittura guardata con disprezzo, dall’alto in basso, da chi governa questa meravigliosa città. Solo perché ci permettiamo di chiedere che si dia una svolta alla risoluzione dei problemi. Tuttavia, noi andiamo avanti lo stesso.

Voi andate avanti, ma ci sono ancora quattro anni.
Guardi, quello che più voglio per la mia città è che le cose vadano per il meglio. Ma non si può continuare ad assistere ad un’attività amministrativa che in un anno si è limitata a gestire l’ordinario. Ad una Giunta che vede tre deleghe fondamentali come il Bilancio, l’Urbanistica ed i Lavori pubblici, tutte nelle mani del primo cittadino. Vorrei riuscirne a comprendere il senso. E’ un comportamento che svuota totalmente la legittimità della squadra di Governo. Oggi Paternò celebra una Democrazia in gran parte svuotata.

Cosa immagina, invece, nel suo percorso politico?
Non ho alcuna ambizione personale e politica se non quella di vedere finalmente rivivere la mia città. Mi piacerebbe tornare a valorizzare le nostre arance anziché vederle marcire. Ecco perché cerco di rimanere lontano dalla politica dei selfie e dell’autoreferenzialità. Ecco perché sono fuori moda rispetto alla irritante politica dell’apparenza.