Prima Luigi Di Maio e poi Matteo Salvini. Al Quirinale, dopo le consultazioni di ieri con il Capo dello Stato, hanno parlato in quest’ordine di fronte alla stampa. Ed è anche l’ordine che ha fatto la differenza, insieme a tutto il resto, vale a dire le parole e quindi i contenuti delle dichiarazioni dei due capi partito. Il primo ottimista, ha parlato di “Governo di cinque anni” sprizzando ottimismo e sorrisi a più riprese al centro tra i due capigruppo di Camera e Senato. Di Maio si è lasciato andare a diverse considerazioni, senza mai fare i nomi dei possibili presidenti del Consiglio su cui si sta ragionando in queste ore con la Lega al tavolo di lavoro del cosiddetto “contratto di Governo”. Uscito dalla “Sala della vetrata” al Quirinale, arriva il leghista e cambia musica. Salvini parla di temi, parla del Centrodestra citando Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, parla alle telecamere ma si rivolge a Di Maio e allo stesso Mattarella: “Se dovessi parlare per convenienza personale e di partito, non starei qui – e sferza – O si possono fare le cose, oppure niente”. Tradotto: o accettate che sui temi del Governo decidano le forze politiche che in questo momento stanno discutendo – vale a dire Lega e M5S – oppure non se ne fa niente. E per di più, Salvini lancia un messaggio attraverso cui vorrebbe far innervosire il capo politico Cinquestelle. Citando gli altri leader del Centrodestra, infatti, comunica al pentastellato di essere forse ancora disposto al dialogo ma che non perde di vista la sua naturale collocazione. Ed in più, è ormai del tutto evidente la incomprensibile diffidenza del Colle nei riguardi del leghista, cui a mezzo stampa in questi giorni ha fatto pervenire messaggi che tradiscono la volontà di restringere il campo di provvedimenti dettati da politiche euroscettiche.
Di Salvini salta alle orecchie la citazione di Berlusconi, fresco di “riabilitazione” dal Tribunale di Sorveglianza di Milano che gli ha restituito dopo cinque anni la tanto agognata agibilità politica. L’interruzione degli effetti della Legge Severino, e la possibilità adesso di ricandidarsi a qualsiasi elezione, consente a Berlusconi di parlare da una differente posizione. Ed è forse per questo che prima di incontrare Mattarella al Quirinale, al mattino Salvini ha raggiunto Arcore senza clamori e senza truppe né di giornalisti né di assistenti al seguito. Si apprende in queste ore il contenuto della conversazione: il Cavaliere avrebbe messo in guardia il leghista, che il dialogo con il M5S sembra essere giorno sempre più un salto nel buio, che l’alleanza di Centrodestra potrebbe vacillare, che l’impegno e lo sforzo politico è maggiore al vantaggio che la Lega ed il Centrodestra nel suo complesso otterrebbero nel medio e lungo tempo. Posizioni che in cuor suo Salvini condivide, tanto da aver cambiato posizione davanti ai cronisti alla Vetrata – con grande sorpresa di Di Maio – e con moderata soddisfazione dello stesso Berlusconi. A sera Giorgia Meloni coglie il segnale: “Il Governo sia un Governo di Centrodestra, diversamente si torni al più presto alle urne”. Da Forza Italia trapela preoccupazione dalle parole della capogruppo alla Camera, Mara Carfagna: “Un’attesa estenuante ed incomprensibile che fa male all’Italia”. Ed ecco che Salvini medita in queste ore un via d’uscita: una exit strategy attraverso cui provare a divincolarsi dalla morsa grillina, dal tavolo delle trattative, da qualsiasi discussione e tornare definitivamente a ragionare da rappresentante del Centrodestra. Una condizione che favorirebbe certamente Silvio Berlusconi – dapprima “segnalato” come ostacolo per un dialogo Lega-M5S, poi il via libera per dimostrare di non essere lui l’impedimento, quindi ancora federatore.