Il prossimo 10 giugno 138 comuni siciliani su 390 totali, tra cui i capoluoghi importanti come Catania, Messina, Ragusa, Siracusa, e Trapani, rappresenteranno un test importante per i partiti e per i rispettivi esponenti che si daranno battaglia a cominciare da queste ore e fino all’ultimo minuto. Catania, dopo l’esperienza del Dem Enzo Bianco, rappresenta senza dubbio un osservatorio privilegiato nello scacchiere siciliano e nazionale. Uno scacchiere che non solo in molti danno già tinto di azzurro, dopo la decisione dell’europarlamentare Salvo Pogliese di impegnarsi da candidato sindaco, ma che fornisce spunti di riflessione interessanti sul fronte delle candidature al Consiglio Comunale. Tra tutte, e tra gli outsider, spicca certamente quella del giovane senatore accademico dell’Università di Catania Giovanni Magni, 26 anni. E’ balzato nelle cronache di questi giorni per via di uno scivolone non suo, ma di tutti quelli che ritengono che un giovane brillante e meritevole di considerazione e rispetto possa essere messo in discussione per responsabilità imputabili non a lui, ma ad un suo strettissimo familiare che al momento risulta oggetto di attenzione da parte dell’Autorità Giudiziaria. Un uomo, il padre di Giovanni Magni, che lo stesso Giovanni non ha mai conosciuto essendo stato abbandonato – stando a ciò che emerge da una intervista dello stesso Magni pubblicata dal quotidiano La Sicilia – quando aveva appena un anno, venticinque anni fa.
Il tratto distintivo del candidato Magni è personale prima che politico, perchè se da giovane uomo integerrimo almeno formalmente non disdegna il suo sangue (dichiarando che “se fosse stato presente nella mia vita, non l’avrei rinnegato ed anzi l’avrei difeso”), dall’altra parte rivendica fortemente e giustificatamente di essere se stesso senza che vengano fatte pesare su di lui colpe non sue, precedenti non suoi, questioni di cui non è mai stato protagonista in alcun modo.
Colonne modeste ma dignitose come queste, lette da migliaia di donne e uomini ogni giorno, hanno il dovere di rimarcare il senso assoluto delle parole del giovane Magni. E non serve neanche che la leader del partito cui Magni concorre (Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia, ndr) ponga veti all’incontrario – come forse viene ipotizzato nel pezzo del collega Mario Barresi su La Sicilia – nei riguardi di chi non solo dimostra con dignità di non averne bisogno, ma un eventuale intervento che alzerebbe forse ulteriori inutili malintesi e strumentalizzazioni inconcludenti. E’ un caso che semplicemente non esiste, quello di Magni. Correrà, sta già correndo, e dimostrerà se il consenso dei catanesi vale quanto lui.