La Procura diretta da Ambrogio Cartosio ha concluso l’indagine sul primo cittadino grillino indagato per rifiuto di atti d’ufficio, rivelazione di segreto d’ufficio, abuso d’ufficio, turbativa d’asta e si appresta a chiedere un processo. Non solo per il sindaco, ma anche per i 23 indagati dell’inchiesta che nelle scorse settimane ha investito il Comune di Bagheria. Per Patrizio Cinque ed altri 17 funzionari era scattato l’obbligo di firma. L’indagine dei carabinieri della locale Compagnia ha svelato varie irregolarità sul fronte dell’abusivismo e della gestione dei rifiuti. Sul sindaco, in particolare, pesano le telefonate intercettate nelle quali lo si sente prodigarsi per favorire la sorella e il cognato, proprietari di una casa abusiva. «Dovremmo parlare… con Mimmo in particolare devo parlare». La mattina del 30 aprile dell’anno scorso, Cinque aveva una gran fretta di incontrare la sorella e il marito. Perché era scattata un’indagine sulla casa dei coniugi. Ed era arrivata in modo inaspettato. Un anonimo si era spacciato per il cognato, inviando al Comune un’autodenuncia di casa abusiva. Quarantaquattro minuti prima della telefonata alla sorella, il solerte ispettore capo della polizia municipale Domenico Chiappone aveva messo in allerta il primo cittadino: «Buongiorno sindaco, non è che per caso lei è in giro?». Per la procura non ci sono dubbi: «È rivelazione di notizie riservate». Reato commesso dal sindaco in concorso con l’ispettore della Municipale.
Sono telefonate dai toni concitati quelle intercettate dai carabinieri. È tutta una questione di tempo. Perché altri vigili stavano già facendo l’indagine sul curioso esposto al Comune e presto sarebbe partita una segnalazione alla procura. Bisognava fare presto, il sindaco Cinque avrebbe anche trovato il modo per ritardare l’indagine. Un altro reato contestato dai pm: «Rifiuto di atti d’ufficio». Anche il tentativo di insabbiamento dell’inchiesta, come la fuga di notizie grazie alla talpa, è passato sul filo del telefono. Secondo la ricostruzione dell’accusa, fu il cognato a sollecitare il primo cittadino a ritardare gli accertamenti, e per questo anche lui è indagato: «Siccome si sono presentati i vigili che penso lo sai». Cinque non sembrava avere più dubbi sul da farsi, chiese: «Ti serve più tempo?». E il sindaco mando un sms al fidato ispettore, per dare disposizioni.
“Sono stupito per la decisione della Procura di Termini Imerese, mi aspettavo l’avviso di conclusione indagini, e quindi la relativa richiesta di rinvio a giudizio, ma mi aspettavo anche una modifica dell’impianto accusatorio iniziale”, dice all’Adnkronos l’avvocato Antonio Di Lorenzo, che con Vincenza Scardina difende il sindaco di Bagheria, Patrizio Cinque, accusato di falso ideologico, violazione del segreto d’ufficio e abuso d’ufficio. “Rimane lo stesso impianto accusatorio – spiega ancora il legale – mentre lui, durante l’interrogatorio, aveva chiarito tutte le sue posizioni. Ecco perché questa decisione ha destato il mio stupore”. Repubblica Palermo