Tra le innumerevoli memorie di una carriera trascorsa «soltanto tra i grandi artisti» (così ha detto recentemente a Tatti Sanguineti), c’è posto per un flashback tutto particolare: «Detesto Beppe Grillo perché va in giro a fare il politico, a sputtanare tutti quanti, ma quando veniva da me, carte alla mano, si faceva dare 70 milioni: dieci in assegno e 60 in nero. Tranquillo, ho i testimoni». Liguori l’ha confessato tre anni fa al Secolo XIX. Ieri il Giornale ha ripubblicato quelle poche righe sul Grillo evasore. E il «Grande Gatsby del Tigullio», come lo definì il quotidiano genovese, ha riaperto il libro dei ricordi. Ecco l’intervista pubblicata da Il Giornale, all’ex impresario del comico genovese Lello Liguori, patron (oggi quasi ottantenne) di locali come il «Covo» di Santa Margherita Ligure e il «54» di Milano.
Liguori, ha letto il Giornale?
«Non ancora, l’ho appena comprato, ma ho ricevuto cento telefonate. Chiamavano e mettevano giù. Ho cercato Tortarolo (il critico musicale del Secolo XIX autore dell’intervista, ndr) ma per sua fortuna è in America».
Lei diceva di avere testimoni del fatto che Grillo intascasse soldi in nero.
«Certo, erano tutti presenti».
Che cosa ricorda? Come li prendeva Grillo quei soldi, in una busta?
«Veniva il suo manager, Marangoni: 10 li pigliava in assegni e 60 in contanti. L’ultima volta glieli ho dati io».
Dove eravate in quella occasione?
«Al 54, in corso XXII Marzo a Milano. Ricordo perfettamente quell’episodio. In altri casi Grillo saliva e andava direttamente alla cassa».
Quindi si autogestiva. Vuol dire che eravate in buoni rapporti.
«L’ho fatto nascere io Grillo, da ragazzino veniva lì a rompere le balle dalla mattina alla sera. Ho fatto una trasmissione per la Rai, Tiramisù, da dove sono usciti tutti: Iacchetti, Greggio, tutti quanti, e lui era riuscito a buttarsi dentro. Poi una sera avevo De Andrè: io e Bernardini (il patron della Bussola in Versilia, ndr) avevamo impiegato cinque mesi per convincerlo a fare una serata perché lui dal vivo non se la sentiva. De Andrè è andato verso il palco, è arrivato subito Grillo, è saltato su e l’ha presentato. Lì la gente l’ha conosciuto».
E lei capì che aveva talento comico.
«L’ho portato nei locali a Milano, al Caffè Roma, al 54. Con Grillo avrò fatto una decina di serate, o qualcuna in più. Ero l’unico con cui faceva le serate: a parte la Capannina, dove forse ne ha fatta una, lui non andava nei locali perché aveva paura».
E abitualmente, dopo essere diventato famoso, una parte del compenso lo prendeva in nero.
«No, anche prima, quando pigliava pochissimo perché soldi non ce n’erano. Lui faceva molti congressi, al Covo a Santa Margherita ne avrò organizzati 1500. Medici, confindustriali, gente così».
Anche quelli pagati in nero.
«Certo».
Era una cosa normale? Nessuno si poneva il problema di una fattura?
«No, erano i patti».
Vuol dire che era tutto fissato in anticipo?
«Quasi tutti gli artisti pigliano una parte in nero, almeno il 30 per cento, non era solo Grillo. Però lui così sfacciatamente li pigliava quasi tutti in nero. Poi è cominciata questa diatriba perché ogni volta che saliva sul palco insultava la famiglia Craxi. Una sera in sala al Covo erano seduti tutti, Bettino, la moglie, Stefania, Bobo, tutti quanti, e si sono indignati. Allora sono intervenuto e con Grillo abbiamo litigato».
Avete continuato a collaborare?
«Ho fatto altre serate. Ma avevo 40 locali con quasi mille dipendenti, perciò lo facevo trattare con i direttori. A Santa Margherita lo incrociavo spesso perché teneva lì la barca, ma dopo quella lite lui scappava per gli angoli».
Quanto prendeva Grillo per ogni serata?
«L’accordo era 70 milioni, di cui 60 in nero e 10 in assegni, di cui Marangoni avrà le fatture».
Lei dice che di serate così ne avrete fatte oltre una decina.
«Tra Milano, Madonna di Campiglio, Parma ne avrò fatte 15, forse 20, ora non ricordo di preciso».
Poniamo fossero soltanto dieci: Grillo ha intascato almeno 600 milioni in nero.
«No, avrà incassato anche 2-3 miliardi».
Settanta milioni era il compenso fisso?
«Sì. Una sera al “54” c’era molto più afflusso del previsto, c’era gente fuori. A un certo momento Grillo mi ha preso da una parte e mi ha detto: guarda che voglio 10 milioni in più altrimenti non lavoro. Naturalmente io non sono l’ultimo arrivato, l’ho preso per le orecchie, l’ho portato in camerino e ha fatto la serata».
Che anni erano?
«Quella sera del 54 era il 1986. Con gli Anni 90 non ci siamo più visti perché io ero all’estero, sempre in giro».
Lei presume che il sistema di Grillo di intascare in nero sia proseguito anche negli anni successivi?
«Senz’altro. Dopo il vostro articolo ho chiamato Marangoni, che è ancora il suo manager oltre che di Chiambretti e altri artisti, e ha capito subito che era per questa storia».
Perché, che cosa le ha detto?
«Eh, mi ha detto di parlare con il figlio e il figlio di parlare con il papà…».