Nei passi di Giuseppe e Maria “vediamo le orme di milioni di persone che non scelgono di andarsene ma che sono obbligate a separarsi dai loro cari, sono espulsi dalla loro terra”. “Maria e Giuseppe, per i quali non c’era posto, sono i primi ad abbracciare Colui che viene a dare a tutti noi il documento di cittadinanza”. “A Betlemme si è creata una piccola apertura per quelli che hanno perso la terra, la patria, i sogni; persino per quelli che hanno ceduto all’asfissia prodotta da una vita rinchiusa”, e il bimbo nella mangiatoia “ci spinge a dare spazio a una nuova immaginazione sociale, a non avere paura di sperimentare nuove forme di relazione in cui nessuno debba sentire che in questa terra non ha un posto”. Questa la riflessione del Papa nella messa della notte di Natale, celebrata nella basilica di San Pietro con centinaia tra cardinali, vescovi e sacerdoti.
Per la quinta veglia natalizia del suo pontificato, papa Francesco ha insistito sulla situazione di quanti sono costretti a “lasciare la loro terra e mettersi in cammino“, per “sopravvivere agli Erode di turno che per imporre il loro potere e accrescere le loro ricchezze non hanno alcun problema a versare sangue innocente“. La veglia e’ cominciata con la lettura della “Kalenda”, l’antico annuncio del Natale che ricapitola la storia in attesa del Signore. Il Papa ha quindi tolto il velo bianco dal volto del bambinello e guidato la processione, durante la quale sono state suonate a distesa le campane della basilica, e intonato il Gloria. Il pontefice era con alcuni bambini ha portato dei fiori alla statua.
Tra i piccoli, anche due cinesi, – Yi Linjiang e Valentina Sien Huang, di 7 e 6 anni – un cileno e una peruviana: Josè Joaquin Vo Teuber Toro, di 7 anni, e Asia Vera Infante, di 8 anni, forse a evocare il prossimo viaggio di papa Bergoglio proprio in Cile e Perù. In tutto i bambini erano con lui erano undici in rappresentanza dei diversi continenti, e tutti hanno deposto fiori davanti alla statuina. I brani della bibbia sono stati letti in italiano e spagnolo, il Vangelo è stato proclamato in latino e le preghiere dei fedeli in cinese, arabo, portoghese, rumeno e bengali.
Accanto alla condizione dei genitori di Gesù, in cerca di un luogo dove Maria potesse partorire, papa Francesco ha dipinto quella dei tanti marginali che lo hanno accolto, prima di tutti i pastori: “le loro condizioni di vita, i luoghi in cui erano obbligati a stare, – ha rimarcato – impedivano loro di osservare tutte le prescrizioni rituali di purificazione religiosa e, perciò, erano considerati impuri. La loro pelle, i loro vestiti, l’odore, il modo di parlare, l’origine li tradiva. Tutto in loro generava diffidenza. Uomini e donne da cui bisognava stare lontani, avere timore; li si considerava pagani tra i credenti, peccatori tra i giusti, stranieri tra i cittadini”. Ma a loro l’angelo annuncia speranza e a loro si rivolge Gesù, “Colui che nella sua povertà e piccolezza denuncia e manifesta che il vero potere e l’autentica libertà sono quelli che onorano e soccorrono la fragilità del più debole”.
Natale, ha suggerito il Pontefice, “è tempo per trasformare la forza della paura in forza della carità, in forza per una nuova immaginazione della carità, che non si abitua all’ingiustizia come fosse naturale ma ha il coraggio, in mezzo a tensioni e conflitti, di farsi ‘casa del pane’, e terra di ospitalità”.