Non gli piace essere chiamato «quarta o quinta gamba» del centrodestra e ha deciso di correre da solo per la vittoria del centrodestra.
Lorenzo Cesa rilancia lo Scudocrociato che da solo, dice «vale più di 1,5-2 per cento». Sarà questo il logo, con il brand ormai anch’esso «storico» di Udc. «Aspiriamo a essere l’ala democristiana del centrodestra e siamo allo stesso tempo aperti al contributo di esponenti appartenenti al mondo liberale. Non dobbiamo chiuderci in un recinto, al contrario dobbiamo coinvolgere persone appartenenti al mondo delle professioni e al mondo dell’associazionismo cattolico», ha spiegato Cesa in un’intervista al Tempo di Roma.
Non è stata soltanto l’ottima performance alle Regionali siciliane, ad aver alimentato l’orgoglio dei vecchi dc. Le percentuali raggiunte dell’Udc sono state assai interessanti in più zone, per esempio a Gorizia (5,6%) o Alessandria (6%). Perciò non si parte soltanto dal serbatoio siciliano, «ma da più lontano, dal nostro fermo e convinto No al referendum di Renzi del 4 dicembre 2016. Abbiamo così cominciato a intercettare un elettorato che disilluso dalla politica dei tweet e delle slide non si sarebbe recato alle urne. Questo ci ha premiato con quasi 140.000 voti alle elezioni in Sicilia».
Post-dc e democristiani granitici nonostante gli anni di diaspore, bufere e battaglie giudiziarie per l’eredità. Il contenitore di Cesa sarà aperto anche ad altri, in primis il raggruppamento di Stefano Parisi, con il quale però non c’è ancora l’accordo. «Con Parisi stiamo approfondendo gli aspetti programmatici, ma sin d’ora posso dire che c’è una convergenza su alcuni punti come i temi economici», conferma il segretario dell’Udc, «graziato» dalla raccolta di firme per la presentazione alle elezioni in virtù del favore concesso dal gruppo parlamentare di Gal (che ha aggiunto al proprio nome quello dell’Udc in limite mortis della legislatura). Chiara e definita la volontà di concorrere con il centrodestra di Berlusconi, nonostante i centristi si stiano raccogliendo anche in un’altra lista, «ancella» del Pd. «È un fatto di coerenza, di appartenenze a famiglie politiche alternative tra loro – chiarisce Cesa -. Chi fino a ieri rivendicava l’appartenenza al Partito popolare europeo non può giocare nell’altra metà campo, con il centrosinistra. È semplicemente contro natura». Ma si riuscirà mai ad arrivare a un contenitore unico che metta fine a una diaspora cominciata nel lontano ’93? Cesa non si lascia pregare: se i tempi comunque non lo consentiranno, la sua fede non teme crepe. Anche perché, dice, «non si stava meglio, con la Dc?». IlGiornale