Quando l’avvocato Maristella Paiar, per la prima volta, mi ha parlato di Femminicidio (Reverdito, 2017), il libro appena uscito e scritto a sei mani colfratello Marcello, anch’egli legale, e il criminologo Marco Monzani, ero perplesso. Non perché dubitassi della preparazione degli autori, ma perché ritenevo – e ritengo – l’argomento, prima che complesso, trito e ritrito, politicizzato, ad elevato tasso di strumentalizzazione. La lettura del volume, invece, sin dalle prime pagine mi ha colpito molto positivamente, facendomi superare quelli che erano, a tutti gli effetti, dei miei pregiudizi.
In Femminicidio ho difatti proprio quelle considerazioni che molti (e molte) che affrontano l’argomento di solito omettono. Per esempio che è sbagliato intendere la cosiddetta violenza di genere «soltanto in un’ottica che vede la donna nel ruolo di vittima e l’uomo nel ruolo di autore» (p.10); che occorre diffidare dell’«approccio mediatico al fenomeno» (ibidem), perché «non è possibile affermare con certezza che la violenza contro le donne sia davvero “in allarmante aumento”», anche perché «è in calo sia la violenza fisica che la violenza sessuale» (p.15).
Tutte cose, queste, che gli specialisti sanno bene e da tempo, ma che quasi nessun libro divulga, probabilmente perché dissonanti con lo stereotipo della donna – a priori – sempre più vittima e l’uomo, – altrettanto a priori – sempre più mostro. Ebbene, questo libro lo fa e lo fa in modo convincente. Senza però essere, si badi, un testo che sottovaluti o neghi il problema della violenza contro le donne: tutt’altro. Lo prova, anzitutto, l’esposizione giuridica delle fattispecie violente in cui la vittima di violenza può riconoscersi e cui può ricorrere per denunciare la propria condizione (pp.43-65).
Ma lo prova pure la sottolineatura dei percorsi di aiuto che una donna vittima di violenza può intraprendere, inclusa l’eventualità di una gravidanza conseguente a uno stupro, ipotesi dinnanzi alla quale «un’esperienza positiva sono i Centri Aiuto alla Vita: si tratta di centri che si occupano dell’accoglienza di tutte quelle donne che trovandosi davanti a una gravidanza difficile o inattesa, chiedono aiuto per poter portare avanti quella giovane vita» (pp.123-124). Un passaggio, questo, che da solo rende l’idea della serietà del libro in questione, decisamente disallineato da un certo modo di (fra)intendere la violenza sulle donne.
Femminicidio è, quindi, un volume assai ben fatto, che affronta il tema della violenza sulle donne con serietà, analizzandolo da più angolature ma senza mitizzare le leggi (il vero rimedio al fenomeno, viene detto, è culturale) e criticando quei «titoli sensazionalistici» che «possono sicuramente portare a un incremento delle vendite di giornali», ma che non aiutano a capire che il vero problema non è la” violenza di genere” in quanto tale, bensì «la violenza relazionale», dato che è essa «a fare la differenza nella criminogenesi e nella criminodinamica» (p.148), con la conseguenza che la vera prevenzione si chiama educazione alle relazioni.
Insomma, si tratta davvero un libro che vale la pena di essere letto e tenuto a portata di mano. Non solo per rispondere a tutte le sciocchezze e le mistificazioni che sulla violenza domestica vengono ripetutamente messe in giro, ma anche – direi soprattutto – per approfondire il fenomeno e immaginare come predisporne, anche sul medio e lungo termine, un contrasto non ideologico ma fattuale ed efficace. Credo proprio che un libro così mancasse, ragion per cui ne consiglio l’acquisto agli interessati al tema. Segnalo, infine, che Femminicidio, che ho potuto leggere in anteprima, verrà presentato mercoledì 29 novembre, ore 17:00, presso il Liceo Classico Prati, a Trento. Giuliano Guzzo