Niente. Non si danno pace, a sinistra, per la mancata approvazione, almeno per ora, dello ius soli, che da proposta di legge è divenuto «diritto inalienabile», «dovere civile», «imperativo morale», qualcosa rispetto al quale, ormai, il solo dubbio grida vendetta al cielo. Di qui gli appelli, gli scioperi della fame e tutto il resto. Il motivo di tanta passione, come noto, è anzitutto elettoralistico: in assenza del favore straniero – si pensi a Beppe Sala, che a Milano la spuntò solo grazie alle comunità cinese e mussulmana –, i progressisti sono spacciati, ragion per cui aspirano a guadagnarsene il più possibile il voto, ove possibile chiaramente; i romeni, per dire, hanno in genere forti difficoltà a votare a sinistra («per loro sinistra-uguale-Ceausescu», osservava anni fa il sociologo Ilvo Diamanti), mentre l’africanizzazione della penisola, per i progressisti, è una manna.
Parallelamente alla canonizzazione del migrante, il fronte progressista sta da tempo sviluppando un’altra tendenza: quella della sempre più faticosa sopportazione del popolo italiano, nel quale intravede tante mancanze. La prima è quella di essere sempre più scettico proprio sullo ius soli: i favorevoli a questa svolta, che nel 2011 erano il 71%, oggi sono meno del 45%. Inoltre gli italiani, mandando su tutte le furie i paladini del progresso, ritengono esista un’associazione fra immigrazione e criminalità. Cosa peraltro vera, come conferma il sociologo Luca Ricolfi, non certo liquidabile come reazionario: «Su 28 paesi europei di cui si hanno i dati, il tasso di criminalità relativo degli stranieri è sempre (tranne in Irlanda e in Lettonia) superiore rispetto a quello dei nativi. In media gli stranieri delinquono 4 volte di più, con punte di 12 in Grecia, 7 in Polonia, 6 in Italia, 5 nelle civilissime Svezia, Austria Olanda» (Il Sole24Ore, 26.6.2017).
Lo scetticismo del popolo verso l’immigrazione odierna è dunque più giustificato, eppure per la cultura di sinistra il problema – come sprezzantemente afferma lo scrittore Andrea Camilleri – è che gli italiani sono «un popolo di razzisti». Anche fosse vero, e non abbiamo un dato che suffraghi il dilagare di atti razzisti in Italia, rimane però il fatto, come si diceva, che l’immigrazione è pressoché ovunque associata a più delinquenza: come la mettiamo? Tutto il globo terracqueo è segretamente razzista o forse sono i «sinceri democratici» ad essere miopi? Ai lettori la sentenza. Intanto, monta a sinistra il rancore verso il popolo italiano, che non solo non ha mai votato compattamente i progressisti, dei quali si ricordano solo vittorie millimetriche, ma non intende svendere la propria identità. Sorge così il dubbio che l’agevolata cittadinanza agli stranieri sia solo uno stratagemma dei progressisti che, se solo potessero, oggi come oggi la toglierebbero ai nativi.