CATANIA – “La parabola umana e professionale di Don Giuseppe Salerno, preside della facoltà di medicina di Palermo nella Sicilia del 1789 e autore delle mummie oggi esposte nelle cappella della Pietatella a Napoli, non si discosta dalla psicologia dell’uomo di oggi”. Afferma Salvo Montalbano, medico con la passione della scrittura, durante la presentazione del suo secondo romanzo “Le tre vite di Don Giuseppe”,Timìa Edizioni.
Palcoscenico dell’incontro, patrocinato dall’Università di Catania, l’imponente Coro di Notte dell’ex Monastero dei Benedettini sede del Disum, Dipartimento Scienze Umanistiche, vestito dalla preziosa voce dell’attore Emanuele Emanuele Fuoridalvaso Puglia che ha incantato l’attenta e partecipe platea con alcune letture del libro.
Hanno dialogato con l’autore la giornalista Elisa Elisa Valentina Guccione Gallitto e il professore di Storia Contemporanea presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania, Luciano Granozzii. “Le tre vite di Don Giuseppe- spiega Luciano Granozzi- è un romanzo storico che pone l’attenzione ad un periodo della nostra terra quasi dimenticato, poiché la fine del settecento e i primi anni dell’ottocento siciliano, tranne che per “Il consiglio d’Egitto” di Sciascia o per i saggi di Giovanni Gentile, è un’epoca storica poco attraente per gli autori ma grazie all’accurata ricerca di Salvo Montalbano, che si annovera nella grande famiglia dei medici scrittori, riemerge dall’anonimato in cui è stato relegato in un’opera letteraria di pregio che si snoda tra quadri narrativi a volte grotteschi e a volte di alta caratura spirituale”.
Salvo Montalbano – come spiegato dalla giornalista Elisa Guccione – utilizza uno strano effetto magnetico, quasi ipnotico, che spinge il lettore ad immergersi nell’atmosfera stregata del ‘700 e assistere alle vite, eroiche o infami, che troppo ricordano pregi e difetti dei giorni nostri. Il linguaggio e lo stile narrativo che si presta ad una naturale drammatizzazione del testo descrive la comica figura di don Giuseppe Salerno per dar nuova voce al ritratto del discusso principe Raimondo Del Sangro di Sansevero, a risolvere il thriller dell’inquietante morte del viceré Caramanico, e a documentare il manovrato processo contro l’avvocato palermitano Francesco Paolo Di Blasi. “La professione medica e la scrittura – continua l’autore spiegando come possa conciliare questi due aspetti della sua vita – sono più simili di quanto non s’immagini: in entrambe, pazienti e personaggi, pretendono una risposta capace di dar loro pace e nel realizzare questo libro ho avuto la fortuna di essere stato “favorito” dai miei stessi protagonisti i quali mi hanno parlato suggerendomi come far diventare vivente creatura ciò che loro mi stimolavano a scrivere”.