di Nando Pagnoncelli
La sfida siciliana è vista come un test anticipatore dei risultati delle prossime elezioni politiche previste nella primavera del 2018. Forse è un’ipotesi eccessiva, ma sicuramente la contesa potrà influenzare umori degli elettori, orientamenti e percorsi politici in previsione della consultazione nazionale. È quindi interessante analizzare le tendenze che emergono dal nostro sondaggio. Anche perché gli schieramenti sembrano essere, questi sì, anticipatori dell’offerta politica che con ragionevole probabilità ci si troverà alle Politiche: il centrodestra unito, il centrosinistra diviso con la sinistra che si presenta autonomamente, i 5 Stelle naturalmente da soli. Nella lettura dei dati occorre ricordare la situazione di difficoltà che nella regione vivono il M5S e il suo candidato Cancelleri, a causa della sospensione delle «regionarie» da parte della magistratura.
L’operato dell’amministrazione uscente registra una valutazione decisamente negativa. I sostenitori si fermano a poco più di un quinto degli elettori, mentre i detrattori arrivano ai tre quarti dei cittadini siciliani. È una valutazione assolutamente trasversale: gli elettori di tutti i principali candidati si esprimono grosso modo alla stessa maniera. Nella corsa alla presidenza i candidati partono da posizioni molto distanti per notorietà. Se Vittorio Sgarbi è notissimo (88% dichiara di conoscerlo), e Musumeci evidenzia un dato consistente, con il 70% che lo ha almeno sentito nominare, per gli altri tre le cose cambiano. Fava è conosciuto dalla metà dei siciliani, una percentuale molto simile emerge per Cancelleri (48%), mentre la notorietà di Micari è ancora molto bassa (meno di un terzo dichiara di conoscerlo). Come sappiamo, questi elementi influenzano le dichiarazioni di voto. È noto infatti che la maggiore notorietà, soprattutto agli inizi della campagna elettorale, tenda a favorire una più elevata espressione di voto.
Il gradimento dei candidati vede una situazione molto simile per tutti, al netto della differenza di notorietà precedentemente evidenziata. La percentuale di chi esprime un gradimento positivo è infatti sostanzialmente analoga, per i cinque principali candidati, alla percentuale di chi invece si esprime negativamente. Se guardiamo al saldo algebrico fra opinioni positive e negative, tutti i candidati si aggirano intorno allo zero. Al primo posto Claudio Fava, con un +4%, e un gradimento del 23% (sul totale degli elettori, compreso chi non lo conosce), seguito da Sgarbi con un +2% e un gradimento del 41% e da Cancelleri, anch’egli con un +2% ma un gradimento complessivamente più basso a causa della ridotta notorietà, pari al 22%. Segue Musumeci con un +1%, poiché gli estimatori (31%) sono di poco superiori ai detrattori (30%). In coda si colloca Micari che evidenzia un salto di poco negativo (-1%). Nel suo caso i sostenitori (12%) sono di un punto sotto ai critici (13%).
Richiesti di esprimersi sul voto al candidato una quantità impressionante di elettori si sottrae: gli incerti o i propensi ad astenersi assommano complessivamente al 61%. Pur essendo una cifra davvero importante, non è una vera novità per la regione. Nelle elezioni del 2012 infatti la partecipazione per la prima volta scese al di sotto del 50% (si presentò ai seggi il 47,4% degli elettori) e, se guardiamo ai voti validamente espressi, il dato scende ancora, attestandosi al 45,7%. Significa che oltre il 54% degli elettori allora non si pronunciò. Una percentuale non così distante dal 61% che registriamo oggi. Si tratta quindi di una competizione che non sta entusiasmando ed è lecito aspettarsi una bassa partecipazione.
Le intenzioni di voto privilegiano Musumeci, che ottiene il 38% dei voti (pari, è bene ricordarlo, al solo 15% degli elettori), seguito con un distacco di circa sette punti da Cancelleri (31%). Nettamente distanziato, al terzo posto si colloca Micari, accreditato del 13%, subito dietro Fava al 10% (se ragioniamo sugli elettori la distanza si riduce a un solo punto). Troviamo infine Sgarbi, con un consenso del 5%, mentre tutti gli altri candidati insieme sono stimati al 3%. Se questi saranno i risultati, si consoliderà la tendenza all’aggregazione nel centrodestra, mentre il Pd dovrà riflettere ulteriormente sulle pur complicate alleanze e allargamenti del proprio campo. Si aprirà, dopo le elezioni siciliane, il rush finale dei posizionamenti prima della campagna politica. Repubblica Palermo