Una macchina criminosa messa in piedi al fine di garantire vantaggi economici personali per sé e per i cosiddetti componenti del “cerchio magico”, vale a dire tutti quei dipendenti che dichiaravano con i loro comportamenti, omissioni e chissà cos’altro, fedeltà al presidente di Pubbliservizi. Sequestrati 200 mila euro di proventi corruttivi ed accertato che la mega festa di compleanno organizzata lo scorso anno in occasione dei suoi 60 anni, oltre che la collaborazione al pagamento di un Rolex con circa 10mila euro ed anche la cessione di un’automobile modello BMW, altro non rappresentavano che il pagamento di tangenti corrisposte in cambio di lavori pagati poi con i soldi pubblici di Pubbliservizi, cioè i soldi dei cittadini, ad altrettanti imprenditori complici anch’essi oggetto oggi di misure restrittive.
Questo è stato ed è Adolfo Messina, arrestato questa mattina su disposizione della Guardia di Finanza che alle ore 6:30 ha disposto il fermo proprio dell’ex presidente della società controllata dalla Città Metropolitana di Catania, richiuso adesso in carcere. Termina qui l’attività criminosa compiuta ai danni dell’Ente Pubbliservizi e quindi della comunità, ed anche le attività politiche e pseudo giornalistiche parallele di Messina, consistite negli anni in un sostanziale salto da destra a sinistra – da Forza Italia a Rosario Crocetta, passando per l’Mpa di Raffaele Lombardo che lo premiò con una consulenza regionale pagata alcune migliaia di euro – al puro e semplice scopo di sfruttare la politica ad esclusivo vantaggio personale, per sé e per gli altri. Fino all’impegno in ambito giornalistico, costruendo un sito internet di pseudo notizie che ha avuto fin dal primo momento l’obiettivo di picconare tutti gli esponenti politici ritenuti in qualche modo inadeguati, in ultima istanza verosimilmente non in linea con i bisogni e le esigenze politiche del suo fondatore. Memorabili gli attacchi mossi da Messina attraverso il sito internet in questione ai danni dell’ex candidato sindaco ed attuale primo cittadino di Paternò. Quel sito, come tutti ricorderanno, pubblicò un video fatto apparire e descritto come una prova sostanziale del tentativo di commettere un reato da parte dei protagonisti ripresi: un video rivelatosi un vero e proprio falso, montato ad arte al solo scopo di screditare il candidato dato in vantaggio e poi risultato vincente, costretto in quella fase a rivolgersi alla Procura della Repubblica per vedere tutelata la propria immagine e la propria onorabilità.
Un episodio, quello, che destabilizzò il prosieguo civile della campagna elettorale, nonché in una certa fase anche rapporti personali fino a quel momento caratterizzati da un’assoluta e reciproca stima e fiducia tra persone. E non escludo, mi si consenta, che certe uscite furono artatamente studiate proprio per minare alla base quegli stessi rapporti. Oggi, con il rispetto personale e umano che è dovere esprimere ai familiari dei soggetti interessati dall’inchiesta, è possibile dire che giustizia è stata fatta.