Perché prendersela tanto con le Ong? Perché insistere con l’avanzare populisticamente sospetti sulla loro attività? Dopotutto, non si capisce dove stia questa mancanza di trasparenza. Vi sono infatti Ong che da una parte svolgono la loro attività filantropica e, dall’altra – in almeno tre casi, quelli di Jugend Rettel, Sea Watch e Sea Eye –, si rifiutano di comparire di fronte alla Commissione difesa del Senato (fatto «motivo di preoccupazione», secondo Nicola Latorre del Pd, mica della Lega).
Vi sono altresì casi di Ong che, come per magia, da un anno all’altro vedono le proprie donazioni schizzare in alto alla grande – com’è avvenuto dal 2014 al 2015 per Moas, passata da miseri 55.454 euro di donazioni a 5.702.289 –, ma che non rendono disponibili sui loro siti internet, sempre in omaggio alla trasparenza, i dettagli di questi generosissimi contributi. Che le Ong siano un universo dove la trasparenza è proprio di casa, del resto, lo si sa da anni; basti dire che la necessità di maggiori controlli venne auspicata già nel luglio 2012 dalla Corte dei Conti, che monitorò 84 progetti in 23 Paesi trovando di tutto (soldi mai arrivati, progetti fermi o in ritardo da anni, rendiconti spariti), eppure i grandi media tacciono o minimizzano.
Insomma le Ong possono fare un po’ quello che gli pare, godono di un’immunità di fatto, ma chi osa criticarne alcune – come il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro – no, e infatti viene chiamato a comparire davanti al Csm. Poi vi sono i giornali che difendono a spada tratta le Ong, come Repubblica, con il figlio dell’editore nel Consiglio direttivo immaginate un po’ di che cosa? Di una Ong naturalmente. Nel frattempo ieri, il nostro Premier ha ricevuto a Palazzo Chigi George Soros, sostenitore della bontà dell’immigrazione di massa e finanziatore delle associazioni per i diritti degli immigrati (la American Civil Liberties Union, solo nel 2014, ha ricevuto dalla Open Society di Soros 50 milioni di dollari). Tutto chiaro, insomma. Anche troppo.