Tutti contro Carmelo Zuccaro, il procuratore di Catania reo di indagare su alcune Ong che, sul Mediterraneo, avrebbero collaborato con gli scafisti. Sono difatti giorni chequest’uomo e la sua tesi vengono ridicolizzati, quasi fossero farneticazioni. Roberto Saviano ogni mezz’ora scrive un post su Facebook per sottolineare il «forse» che echeggia nelle dichiarazioni del magistrato (qualcuno gli spieghi che significa la parola prudenza), Avvenire ringhia («Basta fuoco sulle Ong», titolava l’altro giorno), mentre Repubblica ieri scriveva che costui «dice di essere in possesso di “evidenze”», con virgolette che odorano di presa peri fondelli lontano un miglio.
Il punto è che il procuratore di Catania, delle evidenze (senza virgolette, eh) su certe Ong, le possiede davvero – e pure pesantissime (documenti, telefonate per accordarsi sulle modalità di recupero marittimo dei migranti, chiamate agli scafisti affinché inviino gommoni anche se in condizioni precarie, rischiando di far annegare centinaia di persone) -, ma non è questa la sua “colpa” più grave. Il vero motivo per cui questo magistrato è nel mirino dei cecchini del buonismo è che (insieme al Parlamento) oggi indaga sullo sbarco continuo degli immigrati, fenomeno che più di qualcuno, a quanto pare, ritiene aprioristicamente una manna.
Poco importa la connessione indiscutibile tra il numero dei migranti diretti sulle coste italiane e quelli che annegano tra le acque – più ne partono più ne muoiono, ma non lo ricorda nessuno -; e poco importa che più aumentano gli arrivi e più si complica la possibilità, per il nostro Paese, di accogliere degnamente queste persone (tra le quali, comunque, i profughi sono un’esigua minoranza). L’importante è che gli arrivi di migranti continuino perché son risorse, coloro che ci pagheranno le pensioni, la nostra assicurazione sul futuro. Non è una provocazione, ma il ragionamento di tanti. Ecco perché per chi non osanna le Ong – o osa sospettare che qualcuno, in tutto ciò, speculi – scatta la fatwa.