La campagna elettorale è iniziata. C’è il giornalista Distefano con la sua coalizione politica (a suo sostegno molto probabile anche una scesa in campo di Forza Italia con le effige di partito), ci sarà un candidato di bandiera di Fratelli d’Italia (così avrebbe deciso Ignazio La Russa), ci sarà Nino Naso (che nei prossimi giorni ufficializzerà la sua candidatura civica), ci saranno i Cinquestelle con l’attivista Salvo La Delfa e ritorna perfino il sindaco uscente Mauro Mangano, che correrà con un assembramento di liste (si dice due) tra cui non figurerebbe quella del Partito Democratico.
Nei giorni scorsi mi sono lasciato andare ad una schietta considerazione su Mangano, mi preme sottolineare ulteriormente il concetto perchè franco ed onesto: Mauro Mangano ha distrutto, su questo non può esserci alcun dubbio. Ha distrutto quel rapporto che avrebbe dovuto salvaguardare più di tutti, ovvero quello tra Amministrazione e gran parte dei dipendenti comunali. Difatti è molto difficile trovare un solo dipendente dell’Ente (o anche un solo dirigente) che sia disposto a dirci buone cose. Ha distrutto il rapporto tra amministratori e amministrati, vale a dire i cittadini. Ed ha distrutto, cosa forse più importante, un’area culturale e politica enorme quale era ed è quella del centrosinistra, oggi spezzettata e suddivisa in numerosi rivoli. Da più parti erano giunti segnali di insoddisfazione sull’operato amministrativo e politico, su cui altrettante volte ci siamo anche noi espressi. Ma nessuno, neanche tra i detrattori, ci si sarebbe aspettato alla fine una nuova discesa in campo. Lo slogan di Mangano è “Avanti, semplicemente”, come se non fosse successo niente. Vuole andare avanti Mangano, senza mai pronunciare la parola “scusa” durante l’ufficializzazione della sua ricandidatura per la verità neanche troppo partecipata, al contrario di quanto scritto da altri. “Scusa” per l’assenza, per non avere vissuto la città e le sue primarie esigenze. “Scusa” per avere trascurato i blocchi sociali più deboli e per decine di altre cose.
E invece no, Mangano vuole semplicemente andare avanti, senza porsi il problema che un suo nuovo posizionamento nell’agone politico di questa città ha favorito in realtà uno smembramento totale del centrosinistra che nel 2012 aveva inteso unirsi intorno a lui in occasione delle scorse elezioni. Fino all’ultimo il presidente del Consiglio Comunale Laura Bottino, che si era resa disponibile a correre da candidato sindaco, aveva creduto di potere ereditare il fardello per riaggregare un’area fino a quel momento frastagliata. Mangano non ha solo stoppato le velleità di Bottino (che alla fine avrebbe deciso di non ricandidarsi neanche al Consiglio Comunale), ma ha anche sciolto ogni possibilità di ricongiungimento politico e culturale a sinistra, favorendo coalizioni eterogenee su altri candidati e circondandosi di un “cerchio magico” in verità non troppo magico, composto da donne e uomini che in pubblico fanno il gioco che serve e che in privato non nascondono la drammaticità del momento. Un consigliere comunale che ha preteso di non essere nominato, mi ha dichiarato che “Qualcuno di noi ha deciso di ricandidarsi e per coerenza saremo nelle liste del sindaco Mangano, ma quasi tutti opereremo un voto disgiunto su altri candidati sindaci”, segno del fatto che con tutta probabilità la partita elettorale si giocherà con un Mauro Mangano detentore di un risultato all’incontrario del 2012, quando ottenne molte migliaia di voti in più delle sue liste. Viceversa, questa volta Mangano potrebbe andare addirittura in larga misura sotto i voti della sua coalizione.
Prepotentemente, come del resto fatto in questi ultimi cinque anni di Amministrazione della città, Mauro Mangano si è imposto come unico interlocutore dell’area governativa, non prendendo neanche per un attimo in considerazione l’idea di operare un coscenzioso passo indietro (“Farei un passo indietro solo se si candidasse Graziella Ligresti”, avrebbe detto), mantenere magari un ruolo di comprimario – peraltro dovuto – e favorire un’aggregazione nuova e più ampia e con un nuovo leader, magari in ticket con se stesso. Ha preferito intestardirsi, ritenendosi l’unico leader possibile, distruggendo un’area politica e culturale vastissima che ha già perso quasi del tutto la sua identità: vale a dire il centrosinistra per come ci hanno abituato a conoscerlo. Contento lui.