“Sì, accetto di rispondere alle domande dei pubblici ministeri. Perché no?”. Al processo per la trattativa Stato-mafia, Totò Riina spiazza tutti e annuncia alla corte la sua intenzione di sottoporsi all’interrogatorio del pubblico ministero. Una scelta che sorprende ma che non è nuova per il capo dei corleonesi che ha già reso interrogatorio, sempre negando qualsiasi sua responsabilità e l’esistenza stessa di Cosa nostra, in molti altri procedimenti a cominciare dal maxiprocesso.
In questo processo, pero’, dove la Procura di Palermo cerca di provare l’esistenza di un patto criminale tra la mafia e lo Stato siglato subito dopo la stagione delle stragi del 92 con l’ormai famoso papello di richieste che il boss corleonese avrebbe fatto giungere, per il tramite del colonnello Mori, ai vertici delle istituzioni, la testimonianza di Riina assume una valenza particolare. Anche alla luce delle lunghissime e stranissime intercettazioni ambientali in carcere, prodotte dal pm Nino Di Matteo, in cui Riina avrebbe confidato al suo compagno di oria d’aria moltissime importanti affermazioni su tutto lo scibile della mafia.