Cinque giorni fa Giulio Tremonti ha rilasciato al Corriere un’intervista molto interessante affermando: «Qualche giorno dopo le elezioni americane, Obama disse a Berlino che la vittoria di Trump non sarebbe stata la fine del mondo. Non è stata la fine del mondo ma sarà la fine di “un” mondo». Ebbene, dopo il discorso d’insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti non possiamo non riconoscere che l’ex ministro dell’economia aveva ragione: un certo mondo è finito. Diversi elementi portano a pensarlo. Anzitutto perché d’ora in poi – ha fatto capire Trump – l’America smetterà di consegnare democrazia a domicilio, preferendo curare i propri interessi interni. Significa dopo i Bush, Clinton e Obama – il quale solo nel 2016 ha fatto sganciare 26.172 bombe in ben sette paesi diversi: Siria, Iraq, Afghanistan, Libia, Yemen, Somalia e Pakistan -, si chiude un ciclo che ha visto democratici e repubblicani, apparentemente contrapposti, in realtà due facce della stessa medaglia espansionistica.
Chiaramente un eventuale attentato di grandi dimensioni – che nessuno minimamente si augura – potrebbe far ricredere il nuovo inquilino della casa bianca, ma per adesso è stato molto più chiaro dei suoi precedessori nel lasciare intendere che, prima di ingaggiare nuovi scontri o di armare eserciti altrui, cosa che il già citato Obama ha fatto ad abundantiam col silenzio complice di tanti progressisti, ci penserà non una ma tante volte. E questa è una prima rivoluzione, ma non l’unica. Un secondo passaggio assai significativo del discorso di Trump è stato, a mio avviso, quello in cui ha dichiarato che indipendentemente da dove nascano i bambini, a Detroit o nel Nebraska, tutti guardano lo stesso cielo stellato americano, e ricevono il respiro della vita dallo stesso Creatore Onnipotente. Parole che segnano una distanza enorme dal presidente Nobel per la Pace, il quale – anche se molti ora non ricordano – nel novembre 2008 era in carica da meno di una settimana quando ordinò di allentare i divieti in materia di aborto e staminali embrionali; perché quelle erano le sue priorità, inutile raccontarsi storie.
Trump sarà viceversa un presidente realmente pacifico e pro life? Come scrivevo ieri, ogni previsione al momento sarebbe azzardata. Tuttavia aspetti che portano ad essere ottimisti non mancano. Primo tra tutti – terzo elemento di novità di ieri, e per molti versi il più rivoluzionario – il fatto che, diversamente da quanto pronosticato (sperato?) da molti, il tycoon non si è affatto normalizzato, non ha cioè abbassato i toni in chiave istituzionale. Trump è rimasto Trump. Bella fregatura, commenteranno alcuni. Il punto è che però il popolo americano lo ha scelto per questo: non per servire la stessa minestra, ma per cambiare totalmente menu. E’ il caso di sottolinearlo perché molti dimenticano che, se l’America oggi ha un presidente che ha già stravolto il paese due volte – prima espugnando il partito repubblicano, poi vincendo elezioni non contro una candidata, ma contro un’intera galassia di poteri, da Hollywood a Wall Streett, dalla Cnn al New York Times -, è perché chi è venuto prima, per quanto osannato dei media, ha deluso pesantemente. Ma oggi è un altro giorno e, probabilmente, già un altro mondo.