Gli stilisti che non intendono vestire la nuova first lady e i cantanti, come Il Volo, che cestinano inviti presidenziali per non essere accostati agli «atteggiamenti razzisti e xenofobi» – secondo loro – di Trump, parlanoun’unica lingua, che non è quella dei paladini della tolleranza, figuriamoci, bensì del risentimento ideologico. Una lingua non statunitense e neppure da democratici americani – il 57% dei quali, secondo Rasmussen Reports, ora si augura che il nuovo Presidente abbia successo -, ma da rompiballe.
Voglio dire, anime belle, avete appena finito di applaudire uno dei Presidenti Usa più sopravvalutati della storia, un Nobel sulla fiducia che ha: fatto espellere 2,5 milioni di clandestini – una cosa che Salvini si può solo sognare -, bombardato la Libia, supportato in giro per il mondo“ribelli buoni” poi rivelatisi tagliagole, autorizzato 541 attacchi di droni contro presunti obiettivi terroristici (10 volte di più di quanto fece il cattivissimo Bush, che detestavate) e, dulcis in fundo, concluso il mandato alzando la tensione con la potenza russa.
E voi? Eravate silenti oppure ancora in adorazione del vostro idolo. Legittimo, per carità. Il gioco democratico prevede infatti che ciascuno possa sostenere e simpatizzare per chi crede. Osservo solo che se per anni avete pazientemente tollerato tutto questo pandemonio senza fiatare, direi che dovreste quanto meno concedere a Trump, per quanto vi stia lì, il tempo di insediarsi prima di scatenare l’infermo del puritanesimo radical chic. O no? Anche se mi vendo conto che sia l’antitvumpismo, cavo.