ROMA – Il cadavere di Anis Amri, le sue ultime quarantotto ore da vivo, sono lo spartiacque che divide la conclusione di una caccia all’uomo dall’urgenza di venire rapidamente a capo delle molte domande che squaderna la notte di Sesto. Una in cima alle altre.
È finita qui?
Vediamo.
IL GIURAMENTO ALL’ISIS
Con studiata sincronia, nello stesso momento in cui l’immagine del corpo sull’asfalto di Amri faceva il giro del mondo, lo Stato Islamico diffondeva un video di poco più di due minuti senza data né ora, con il suo giuramento di fedeltà e Berlino a fare da quinta. Un format che abbiamo imparato a conoscere. Con cui si celebra la fine di un martire, se ne rivendica l’appartenenza, si invita all’emulazione con un formulario di morte che pesca nella retorica dei “crociati”, dei “mangiatori di maiale”, delle campagne di bombardamenti aerei sulla Siria. Immagini e suoni che nulla di nuovo dicono sul piano della propaganda ma che lasciano aperto il dubbio sulla dimensione solitaria o meno del giovane tunisino. Detta altrimenti, il video potrebbe certamente essere l’ultimo messaggio in bottiglia e a futura memoria di una monade votata al martirio e in cerca di un riconoscimento postumo, ma anche l’indizio di un legame meno virtuale con la casa madre del Terrore. Corriere