di Paola Di Caro
Matteo Salvini chiede, urla, pretende «il voto subito», anche con Renzi ancora in carica se serve, «perché dove lo trovi uno che fa il premier per un mese?». Silvio Berlusconi, con più cautela e meno fretta, vuole per prima cosa «una legge elettorale che garantisca la governabilità e una reale corrispondenza della maggioranza parlamentare e popolare». Al di là dei toni molto diversi, è vero però che il leader leghista e quello di Forza Italia in pubblico non entrano in collisione, consci che dividersi oggi sulle strategie — con gli scenari politici tutti apertissimi — sarebbe un suicidio per entrambi. Per questo, la parola d’ordine che mette d’accordo tutti è «nessuna partecipazione a governicchi». Salvini assicura che l’alleato gli ha promesso che sarà questa la posizione di FI. E in effetti ieri nel vertice con i big azzurri tutti sul punto sono stati molto fermi, respingendo «le provocazioni di Alfano» a partire da Berlusconi: non si partecipa a nessun governo in questa fase, sarebbe controproducente, mentre ci si deve sedere al tavolo della legge elettorale, e per farlo sono stati incaricati i due capigruppo Romani e Brunetta.
Proporzionale corretto
Quello che invece resta molto vago è come proseguiranno le strade di Lega e FdI (anche la Meloni chiede voto subito e anticipo della decisione della Consulta sull’Italicum) e FI. Berlusconi ha ribadito che il suo sistema elettorale preferito è «un proporzionale, magari con qualche correttivo», perché rischiare di consegnare il Paese a Grillo è un rischio troppo alto. Chiaro il sottinteso: andando ciascuno col proprio simbolo, magari in alleanza con gli altri del centrodestra, si potrebbe competere per il governo del Paese, in subordine essere parte centrale di una grande coalizione e comunque si potrebbero evitare le odiate primarie e «io come gradimento sono pari a Renzi, Di Maio e Di Battista». Altro che primarie insomma, quelle che Salvini continua ad annunciare, per gennaio, anche con una consultazione nelle piazze per chiedere «che programma volete e chi volete come leader», e «Berlusconi alla fine ci sarà, credo».
Partito «sovranista»
Restano insomma tutti aperti i nodi nel centrodestra: «Abbiamo tante cose in comune, ma certo non tutto è risolto» ammette con i suoi Berlusconi, confermando il suo scetticismo sulla capacità di Salvini di guidare i moderati. E resta una FI inquieta ma oggi ingessata, impossibilitata a muovere passi in una o nell’altra direzione, verso la costruzione di un partito «sovranista» con Salvini (come vorrebbero Toti e l’ala nordista del partito) o uno a base centrista che si giochi la partita nel prossimo Parlamento. Il nodo della legge elettorale si fa decisivo: i due capigruppo guardano con favore al modello proposto da Verdini (metà collegi uninominali, metà proporzionale), ma la partita non è ancora iniziata. E in ogni caso «non parliamo solo di legge elettorale, gli elettori sono stanchi di alchimie», predica Berlusconi, sperando di guadagnare tempo. Corriere