Quanto è costato (e quanto costa) l’Air Force Renzi agli italiani? Circa 76.440 euro al giorno. Ecco i documenti, che il governo avrebbe voluto tenere segreti, che mostrano quanto l’Italia ha pagato per l’Airbus A 340-500, il grande jet che Palazzo Chigi ha preso in leasing da Alitalia.
I conti (parecchio onerosi) sono presto fatti. Dal contratto, della durata di otto anni, risulta che l’aereo costerà nel periodo di leasing 168 milioni e 205mila euro. Per il 2016 è previsto un costo di 39 milioni, di cui fa parte, solo per quell’annualità, la spesa per l’assicurazione cui, dice il documento visionato dal Giornale, si aggiungerà una spesa ulteriore per gli anni successivi. Per il 2017 si pagheranno 23 milioni 505mila euro, per gli anni compresi tra il 2018 e il 2022, invece, 17 milioni 800mila euro, mentre per il 2023, 16 milioni 700mila euro. Il costo complessivo per il carburante per 8 anni è stimato dal governo in 55 milioni di euro, così ripartiti: 6 milioni per l’anno corrente e 7 milioni per ciascuno degli anni successivi. La dotazione attuale sullo stato di previsione del ministero della Difesa è pari a 15 milioni di euro, per ciascuno degli anni che vanno dal 2016 al 2018 a cui si devono sommare, per l’anno corrente, 5 milioni quali residui per il 2015. Le risorse mancanti si reperiranno in altro modo, anche attraverso la vendita di tre velivoli di proprietà dello Stato, recitano le note di Palazzo Chigi. Nei documenti si legge che l’acquisizione di un aereo nuovo identico a quello preso in leasing avrebbe avuto un costo di «200/300 milioni di euro». Ma il risparmio è assai teorico, perché calcolato sul prezzo di un jet appena uscito di fabbrica. Quello su cui volerà Renzi risale al 2006 e basta consultare i siti specializzati in vendita di aeromobili quali «tradeaplane.com» per verificare che un Airbus dello stesso anno di immatricolazione costa circa 50 milioni di euro.
Oltretutto, nei documenti si sostiene che i «velivoli della classe A-319 e F-900 sono ormai obsoleti». Peccato che ci si sia dimenticati di dire che alcuni di questi aerei che compongo la «flotta blu» sono stati immatricolati nel 2006, quindi nello stesso anno dell’A-340. Il costo giornaliero del velivolo è presto ricavato: se prendiamo i 168 milioni e 205mila euro totali e li dividiamo per 2.920, ovvero i giorni che compongono 8 anni, si arriva a un costo di 56.604 euro al giorno. Se poi a questa cifra si aggiungono i 55 milioni di euro di carburante e si divide la somma per lo stesso numero di giorni si ricavano i 76.440 euro che vengono sottratti al contribuente per un aereo che, finora, il premier ha utilizzato solo per andare a Cuba lo scorso luglio. C’è poi un altro aspetto. L’assistenza di un A319 all’estero è praticamente a costo zero, mentre per il gigante della flotta di Stato è necessaria una spesa non indifferente.
Eppure nelle carte si legge che «si ritiene possibile», per compiere l’operazione di leasing dell’A340, «la cessione di tre aeromobili della flotta di Stato (un A-319CJ e due F-900EX) già destinati alla vendita a causa degli elevati costi di gestione e della configurazione priva di moderni sistemi di scambio di dati e informazioni». Quanto spende, invece, lo Stato per la fornitura dei servizi, il noleggio, la manutenzione dei mezzi aerei, impianti, sistemi, apparecchiature, equipaggiamenti e altro ancora? Il costo è di 15 milioni di euro. Mentre quello dell’hangar (con servizi di manutenzione) oscilla tra i 90mila e i 200mila euro al mese a seconda del tipo di lavori da effettuare. Di più: Renzi non ha fatto un affare a prendere l’Airbus in questione, perché il velivolo è sempre fermo in pista (ha volato una sola volta) e più lo stesso sta fermo, più i costi di manutenzione aumentano.
C’è poi la questione dei giubbotti di salvataggio: avevano tutti le istruzioni in arabo, per cui è stato necessario cambiarli tutti quanti e alla spesa si è aggiunta un’altra spesa. Certo, l’aereo di Renzi ha molti posti in più di quelli di proprietà dello Stato, ha il Wi-Fi a bordo che gli consente di inviare tweet ed email anche in volo, ma siamo proprio sicuri che il contribuente, davanti a tali cifre, sia contento dell’acquisizione di un apparecchio così costoso e che, oltretutto, può atterrare solo all’aeroporto di Fiumicino dove, lo possono vedere tutti, è fermo in pista a dare ancora una volta l’immagine di un’Italia che non decolla? Il Giornale