di Daniele Lo Porto
I primi ricordi sono una voce gracchiante emessa da una radio di legno e transistor, il profumo di arance e mandarini accanto alla culla vuota del presepe in attesa del Bambin Gesù. E poi i racconti del signor Mauro che tornava in Vespa dal Massimino mentre tenevo in mano le figurine Panini e immaginavo le parate di Vavassori con il maglione giallo. Erano gli anni Sessanta, troppo piccolo per capire in pieno la magia di un pallone di cuoio, grande abbastanza per incubare un virus che si manifesta tutt’oggi, a distanza di cinquanta anni, con incredibile vivacità.
Flash back mi tornano in mente. Le prime esperienze a Il Diario e poi a Il giornale del Sud, quando occasionalmente potevo scrivere del Catania, di Petrovic, Cantone e Leonardi, di Ciceri e Spagnolo. Che gioia, adesso, essere amico dei due catanesi e avere conosciuto i “gemelli del gol” del vecchio stadio di piazza Spedini, grazie a Santino Mirabella giudice-scrittore, tifoso-poeta. Ricordo la Serie A di Gianni Di Marzio, Luvanor e Pedrinho, l’incredibile gol annullato a Cantarutti che da solo racchiude tutta la storia, gloriosa e sofferta di questi colori. A Telecolor ero la “riserva” di Nichy Pandolfini e seguì, siamo alla fine degli anni Ottanta, due partite da inviato: a Sassari contro la Torres, dove giocava un ragazzino magro e minuto dai piedi magici, era Gianfranco Zola, e poi a Salerno, tra i granata giocava una delle sue ultime stagioni Agostino Di Bartolomei, ex campione della Roma forse già destinato alla fine orribile che fece. Nella memoria, scolpita, una interminabile intervista sfogo del presidentissimo Angelo Massimino: 12 minuti senza una pausa e per ricavarne il minuto e trenta scarso che la scaletta del tg consentiva ci lavorai un’ora e passa in sala di montaggio col paziente Stefano Calanna, uno col pallone nel Dna.
Poi un profondo buco nero professionale, che coincide forse con il periodo più difficile del club – che si richiude proprio con l’arrivo di Nino Pulvirenti: il Giornale di Sicilia mi offre l’opportunità che dura ancora – di potermi occupare del Catania in modo continuativo. Nino Pulvirenti, Pietro Lo Monaco, Pasquale Marino, gli ex dell’Acireale con Orazio Russo in testa. E’ questa la memoria di una storia recente che passa dalla legione argentina, dal pitu Barrientos a lavandina Bergessio, da Marianito Izco, umile come i capitani coraggiosi sanno essere, senza dimenticare i due catanesi per sempre Davide Baiocco e Gionatha Spinesi. Tra pagine di grande calcio, anche quelle di cronaca nera: la follia del 2 febbraio. Un dolore incancellabile, di uomo e di giornalista in sala stampa, tra lacrimogeni e scene di guerriglia. Dal paradiso dell’ottavo posto alla destinazione inferno di un treno deragliato, tutto in un flash. Dall’altare alla polvere, da Sky alle riprese quasi amatoriali della Lega pro. Il Calcio Catania è tutto questo, nel bene e nel male, ma è, soprattutto, un’emozione rossazzurra.