di Guido Rossi
A dar retta a politici e giornalisti quella populista è una pericolosa minaccia che si insidia nel nostro quotidiano. “Bisogna evitare derive populiste”, ci viene detto. Ma che cosa significa davvero? A rigor di definizione -semplificata- populista è chi vuole conquistare il potere attraverso il popolo, convinto ed assoggettato a suon di propaganda e proselitismo. Secondo il Governo ad essere populisti sono movimenti come quello di Grillo o di Salvini in Italia, la Le Pen in Europa e così via. Insomma, pare proprio che a voler dominare le masse attraverso la “pancia” siano solo partiti antisistema e di destra. Ma è così davvero? Perché, come direbbe Forrest Gump: «populista è chi populista fa», e in quanto a slogan e propaganda il PD non ha eguali, e di certo non il suo “capocomico”.
Renzi infatti è quello del tutto va bene e della grande svolta. Già durante le ormai lontane primarie di partito andava gridando, con il suo “Matteo adesso!”, la sua capacità di gestione e cambiamento; Matteo il rinnovatore, il rottamatore, la giovane promessa. Era iniziato il Renzi Show. Nel suo discorso di vittoria dopo le primarie, nel 2013, disse: “non abbiamo più alibi, sei milioni di italiani sono andati a votare non abbiamo più scuse per non cambiare”. Già nel 2014 il giovanotto di Firenze diventa Premier. È stato tanto convincente che nessuno ha dovuto votarlo per metterlo alla guida del Paese. Fiero (e smargiasso) annuncia mirabolanti riforme nel giro di soli 100 giorni. Peccato che non basteranno, tanto che da 100 son diventati presto 1000, e poi mille ancora. Gli italiani però, noncuranti, si sono (li hanno) convinti che il nuovo Premier è l’unico Presidente possibile in questo periodo di crisi, tanto che il PD viene premiato alle elezioni europee con un risultato clamoroso, oltre il 40%. Carico e pieno di sé, Matteo fa suo il motto (o meglio l’hashtag) #lavoltabuona. Vediamo allora alcuni dei suoi grandi risultati:
Primi fra tutti i famigerati 80 euro. Renzi ha a disposizione 10 miliardi, e invece di utilizzarli in politiche fiscali o sociali veramente utili, come magari il sostegno alle imprese, decide di dividerli in tanti piccoli assegni da 80 euro da aggiungere alla busta paga degli italiani sotto una certa soglia di reddito. Come prevedibile risultano economicamente irrilevanti, e a confermarlo sono stati l’Istat ed il Tesoro. Crescita: il Premier, per voce del ministro Padoan, ha più volte fatto sapere che l’Italia è in ripresa, seppur lenta. Si esalta per risultati da zero virgola; peccato che anche questi, già ridicoli, sono frutto di previsioni regolarmente disattese. Lavoro: il tanto esaltato Job’s act, che doveva essere la chiave di volta per rilanciare il lavoro e l’occupazione, è stato un clamoroso fallimento; i soli benefici da esso provenienti erano gli sgravi fiscali concessi alle imprese, purtroppo via via diminuiti proprio dal governo. La mirabolante riforma, dunque, non ha risolto niente, e a dirlo è stata anche Bankitalia.
La “buona scuola”: che di buono ha nulla. Teoricamente volta a sbloccare numerose cattedre e a ringiovanire gli insegnanti, ha contribuito soltanto a peggiorare una già precaria situazione. La scuola è iniziata da un mese ed in molti istituti gli insegnanti non sono mai arrivati, spesso neanche quelli di sostegno per i ragazzi disabili. Altre volte capita che al posto di un professore di scienze ne arrivi uno preparato in diritto, e così via. Insomma, il primo bocciato della riforma è proprio il Premier. L’elenco è ancora lungo, ma il concetto è chiaro: quel che dicono è vero, vi è una pericolosa deriva populista, la stessa che ci governa (non votata) con risultati non proprio eccezionali. Adesso ci viene detto che anche la riforma costituzionale è la nostra “ultima grande occasione”, come se ad essere un problema sia la Costituzione anziché il fatto che nessuno l’abbia mai tenuta veramente in considerazione. Anche questa #lavoltabuona? Proprio no. L’Intellettuale Dissidente