Matteo Salvini è il miglior difensore di Carlo Azeglio Ciampi

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L’AUTOGOL DEL LEADER DELLA LEGA

Ecco perché il segretario della Carroccio, volendo accusare il Presidente emerito scomparso pochi giorni fa, finisce per difenderlo. Gettando al vento la verità in cambio di pochi like

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Dall’alto, il recentemente scomparso Carlo Azeglio Ciampi e il leader della Lega Matteo Salvini

di Valerio Musumeci

E’ quasi fastidioso da ammettere, ma lo stereotipo dell’approfittatore che attende il pronti-su-via! per iniziare lo sciacallaggio si è sostanziato ancora una volta. In Matteo Salvini, come al solito: a pochi minuti dalla morte del Presidente emerito della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi – a novantacinque anni ben vissuti, tra Banca d’Italia, Tesoro, Palazzo Chigi e Quirinale – il segretario della Lega era già su Facebook a ricordare l’illustre scomparso: “E’ morto Carlo Azeglio Ciampi. Come per tutti, umano cordoglio e un pensiero alla famiglia. Senza dimenticare però che fu uno dei tanti (da Napolitano a Scalfaro, da Prodi a Monti) a svendere il lavoro, la moneta, i confini e il futuro dell’Italia”. Ecco. Prima di darmi del difensore d’o sistema andate avanti a leggere, e vedrete che se un difensore c’è quello è proprio Salvini che a voce vi si pone contro.

Non che l’uomo dalla felpa intercambiabile – una battuta bellissima l’ho letta una volta: non è lui che cambia le felpe, sono le felpe che cambiano lui – abbia scritto qualcosa di falso: Ciampi fu effettivamente uno dei maggiori artefici dell’attuale gabbio psico-pato-europeo, e i giornali commossi ce lo ricordano da ormai ventiquattr’ore salutando tra i singhiozzi Mr. Euro. Ma che diamine, un po’ di garbo funebre – quindi istituzionale – l’amico Salvini essendo un politico dovrebbe pure averlo. Che sarebbe cambiato, se la postilla sul Ciampi eurocrate fosse giunta l’indomani [cioè ieri], o meglio ancora dopo i funerali? Comiziare a morto caldo è trasgressione? E’ futurismo, è resistenza, è dissidenza? O è, appunto, mancanza di garbo nei confronti di qualche cosa di più antico, che trascende la politica e le sue polemiche, che valica gli schieramenti e le ipocrisie e si attende là, nell’aria rarefatta intorno al morto nella camera ardente, dove giace sì il politico e lo statista ma anche il marito, il padre il nonno lo zio, l’amico il collega l’economista, tutte le vite vissute in novantacinque anni, che sono troppi per raffazzonare qualsiasi pretesa di verità?

Ma chiariamoci. L’atteggiamento perbenista che ha condannato Salvini per le sue parole non è meno offensivo per il morto delle parole di Salvini stesse. E’ proprio la piccolezza della politica giornaliera ad essere di cattivo gusto di fronte a chi l’ha per superata per sempre. Per questo Salvini è meno rozzo e facinoroso quando afferma che si difenderà volentieri davanti ai giudici dall’accusa di vilipendio o chissà che altro avanzata dal capogruppo PD Luigi Zanda, per aver profanato, si suppone, non tanto due morti (Scalfaro e Ciampi) quanto i due vivi (e che vivi: Napolitano e Monti). La risposta alla rozzezza leghista è quindi altrettanto rozza: figurarsi Ciampi, che ha adesso da misurarsi con la giustizia divina, quanto se ne fregherà della giustizia terrena e in specie di quella italiana.

A Salvini va invece notificato soltanto un controsenso, come base della sua indelicatezza: quando scrive “senza dimenticare però che fu uno dei tanti a svendere il lavoro” il “senza dimenticare” fa presumere uno sforzo di memoria continuato nel tempo, che durasse già prima della morte di Ciampi e che potesse dunque continuare fino a due tre giorni dopo. Perché esprimersi allora a venticinque minuti dalla morte, se non per farsi dare volutamente dello sciacallo? E perché farsi dare volutamente dello sciacallo, se non perché su ciò si basa la sua sopravvivenza politica? E quanto potrà valere un opposizione di questo tipo, che non ci è ma ci fa, quanto valore potranno avere le sue sacrosante ragioni – anche su Ciampi – se la loro affermazione si riduce ad un teatrino finto trasgressivo, finto resistente, finto dissidente?

Poco, e infatti poco durerà la verità detta su Ciampi, perché offerta all’altare dei like e delle condivisioni prima che a quella del diritto all’informazione (e all’opposizione) dei cittadini. La verità si tramuterà in menzogna, e la menzogna andrà a maggior gloria di colui che da morto si voleva denunciare. Viva Salvini, il difensore di Ciampi!