Si raccontava che il cardinale Bellucci, l’alto prelato del film La Grande Bellezza, interpretato da Roberto Herlitzka, in gioventù fosse stato un grande esorcista ma era veramente difficile crederlo, mondano e appassionato di cucina com’era diventato. Padre Gabriele Amorth (1925-2016), il sacerdote paolino spirato ieri all’età di 91 anni, invece no: non è mai divenuto cardinale ma, soprattutto, non ha mai smesso di vestire credibilmente i panni – assai scomodi in un’epoca che ridicolizza la fede salvo poi tuffarsi tra lotterie, oroscopi ed esoterismi vari – di esorcista. Anzi, fino all’ultimo nessuno ha messo in dubbio il suo primato planetario di combattente del Diavolo, prima, sia ben chiaro, conquistato sul campo con oltre 160.000 riti di liberazione compiuti su indemoniati.
Anche per questo davanti alla sua morte, sopraggiunta dopo un ricovero di alcune settimane per complicanze polmonari, sono due – almeno tra i cattolici – i sentimenti dominanti: la tristezza e la gratitudine. La tristezza per la perdita di un uomo che, divenuto esorcista della diocesi di Roma nel 1986 per mandato firmato dal cardinale vicario di allora Ugo Poletti (1914-1997), non si è mai tirato indietro neppure quando si trattò di affermare cose ecclesialmente scorrette; come quando, per esempio, puntò il dito contro le infiltrazioni massoniche presso la Santa Sede: «La massoneria – disse – ha i rami dappertutto. Anche in Vaticano, purtroppo. Esiste. Perché è basata sul denaro, sulla carriera. Si aiutano reciprocamente». Parole, si converrà, assai pesanti che però l’anziano sacerdote paolino, uno che non le mandava a dire, non pensò mai ritrattare.
Oltre alla tristezza, però, c’è anche la gratitudine dei cattolici per l’operato infaticabili di un servitore della Chiesa i cui vertici – almeno quelli terreni – anziché sostenerlo arrivarono, talvolta, a deriderlo. «Non mi dica che lei davvero ci crede», fu per esempio l’esclamazione sprezzante di un’eminenza importante della Santa Sede davanti ad affermazioni sull’esistenza del Diavolo che non solo padre Amorth non ritrattò, ma alle quali fece seguire un invito che il suo interlocutore non prese molto bene: «Lei dovrebbe leggere il Vangelo». Ecco, il più famoso esorcista del mondo, come chi l’ha conosciuto può confermare, era così: un uomo di fede non disposto a scendere a compromessi in un mondo nel quale, purtroppo anche fra personalità della Chiesa, i compromessi non sembrano dare più scandalo.
Invece padre Amorth – divenuto prete dopo essere stato, diciottenne, partigiano e laureato in giurisprudenza – di mediazioni non ha mai voluto sentir parlare. Neppure quando, negli anni passati, esegeti come Hubert Haag pubblicavano libri fuorvianti sin dal titolo – «Addio al diavolo» – e si cercò di attribuire in tutti i modi ad un teologo del calibro di Hans Urs von Balthasar (1905-1988) l’idea di «inferno vuoto», apertamente respinta dallo stesso von Balthasar (cfr. Von Balthasar H.U. Sperare per tutti. Breve discorso sull’inferno, Jaca Book 1997, p. 123). L’anziano sacerdote paolino è insomma rimasto al suo posto di combattimento fino all’ultimo e se oggi, dopo la sua morte, vi sono ancora anche giovani disposti ad abbracciare la fede integralmente, sapendo che è combattimento prima che avventura, battaglia quotidiana prima che scampagnata esistenziale, buona parte del merito è anche sua.