“Questa è la riforma della nostra storia, del nostro passato”. Matteo Renzi vola a Catania per chiudere la Festa dell’Unità e rilanciare la campagna elettorale del “sì” al referendum sulle riforme costituzionali. “Siccome quelli come D’Alema sono talmente esperti di passato che vorrebbero fregarci il futuro, continuando tutti i giorni con risse e polemiche – dice – noi diciamo che questa riforma è la riforma del Pd, come lo era quella dell’Ulivo”. Ma, mentre attacca a testa bassa le opposizioni e tende la mano alla minoranza dem, fuori dalla “zona rossa” va in scena la protesta contro il governo.
In una Catania blindata, Renzi chiude la Festa dell’Unità nazionale. Insieme al premier sfilano anche i ministri Maria Elena Boschi, Dario Franceschini e Maurizio Martina, i vicesegretari del partito Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani, il presidente della Sicilia Rosario Crocetta e diversi parlamentari democrat. L’obiettivo è quello di dare un’immagine di unità in un momento in cui il Pd è tutto fuorché unito. I malumori sono a trecentosessanta, dalla riforma costituzionale alla legge elettorale, e per sviarli Renzi fa qualche concessioni ai ribelli piddini e se la prende con le opposizioni. Ne ha davvero per tutti. Insulta Matteo Salvini e la Lega Nord (“Non siete degni di indossare le maglie della polizia”) e fa la morale al Movimento 5 Stelle (“Avevano detto che avrebbero trasmesso tutto in streaming ma devono avere finito i giga. Si sono chiusi nelle loro stanze e se le stanno dande di santa ragione”).
Che il Paese non sia più sulla sua lunghezza d’onda, però, lo si capisce appena si mette un piede fuori dalla “zona rossa” creata attorno alla Festa dell’Unità. I centri sociali, gli antagonisti e il popolo di sinistra si sono dati appuntamento per dare un caldo benvenuto al premier. Non mancano i momenti di tensione e gli scontri con le forze dell’ordine. E Renzi non risparmia qualche stoccata contro chi lo contesta: “Chi fuori da qui con strumenti propri della cultura antagonista ha cercato di rovinarci la festa non rappresenta una cultura antagonista, ma è nel solco di chi ha storicamente negato alla sinistra una ragione di esistere. Quelli che contestano e spaccano tutto non hanno in testa il futuro dell’Italia”. IlGiornale