Le contestazioni a Matteo Renzi andate in scena ieri a Catania non fanno che esasperare i toni di una situazione sociale già non semplice. Il dissenso, del tutto legittimo, ha altri modi per essere utilmente manifestato, che non con bastoni e bombe carta
D’accordo, c’è stata un po’ di guerriglia urbana ed è partita una bomba carta. Certo, la Festa Nazionale dell’Unità a Catania poteva essere meno pasticciata e la purga delle opposizioni – purga morbidissima, ma comunque purga – è sempre un fatto fastidioso ma più che altro per chi la ordina, perché dichiara paura e coda di paglia mentre invece i purgati ne guadagnano in visibilità e quando sarà il momento in voti. Va bene, la riforma costituzionale è più che discutibile e infatti stiamo discutendo, in attesa di questo referendum che dovrebbe arrivare giusto prima dell’Immacolata come ricco anticipo dei regali di Natale. Sicuro, Matteo Renzi è una faccia da schiaffi (o di bronzo, o di altre cose, scegliete voi) e non fa nulla per mediare anche laddove sarebbe utile e giusto farlo. E’ tutto vero, ed è giusto denunciarlo.
Ma tutto questo, voglio dire, c’entra poco con il “regime!” che si è sentito urlare ieri pomeriggio durante la carica della polizia – o del corteo sulla polizia, o un po’ di qua e un po’ di là, non si è capito e le immagini non sono sufficienti a stabilirlo con certezza. Regime è un’altra cosa, la maggior parte degli italiani viventi non ricorda e soprattutto non sa come combatterlo, eventualmente ci fosse. Non certo facendo questo casino: sparando e uccidendo i nemici dalle montagne, magari, organizzando resistenze clandestine, forse, costruendo una rete di coscienza civile sorretta da una robusta intellettualità, di sicuro, e dove sono oggi queste colonne del pensiero, dove brilla l’idea prima dell’ideologia, dov’è la retta ragione che precede la fede e dà senso e corpo ad ogni nobile azione umana?
Io nel corteo non la trovo, mi dispiace. Non riesco a togliermi dalla testa il sospetto che il merito della contestazione sia il premier, non ciò che egli propone. E questo dovrebbe far riflettere i tanti che ricordano come andassero le cose ai tempi di B., personaggio così accattivante da suscitare innamoramenti e odi indiscriminati, separati dai fatti e imbevuti di sensazioni. Che Renzi stia sulle palle è comprensibile: l’atteggiamento del cittadino maturo, tuttavia, non è quello di abbandonarsi a questo sentire epidermico lanciandosi per le strade e premurandosi di portare, ad una contestazione pacifica, ordigni e bastoni. E’ l’informarsi, il leggere, il partecipare la cura per sanare questo istinto, che è naturale ma un gradino più in basso rispetto alle potenzialità degli esseri umani.
Così dice uno che non scrive cosa voterà ma ha predetto l’esito del voto (chi vuole cerchi e troverà): e anche quelli che ieri erano alla Villa Bellini non sono mica tutti elettori democratici né tesserati del PD, sono coaguli di storie politiche e personali diverse che sperano di ottenere con questa riforma un po’ di stabilità, che è il sogno proibito di ogni italiano dalla notte dei tempi. Un sogno, appunto, perché non si sana per via costituzionale un problema che è tutto politico e politicamente andrebbe risolto. Ma nemmeno i botti di capodanno sparati fuori dalla Villa Bellini servono a nulla, se non a plastificare un dissenso che sarebbe stato più utilmente espresso parlando, dialogando, organizzando una contro-manifestazione, razionalizzando la componente istintuale e trasformandola in occasione di crescita com’è proprio della specie umana.
Dice: ma Renzi non dialoga, parla solo lui, ci serve una pappetta precotta e ci chiede di votare Sì o No al referendum. E’ vero, ma si da il caso che la soluzione sia lì a portata di mano e consista appunto nel votare No. Chi vuole lo faccia, recuperi il senso di quella fede meravigliosa espressa da Don Sturzo che “fa proseliti, muove le montagne, vince le battaglie”. Lo faccia pacificamente, senza tentare di trascinare una città in spiacevoli scene di guerriglia urbana, senza eccitare gli animi che proprio non se ne sente il bisogno, senza pretendere di essere migliori degli altri ma certi di essere nel giusto o quantomeno in buona fede. Questa, nell’intimo della propria coscienza, sarà la migliore rivolta. E non si servirà a qualcuno l’occasione di dire che chi gli si oppone è un violento e uno squadrista.