Per realizzare una vera rivoluzione che scardini il sistema odierno fondato sullo schiavismo e sulla menzogna è necessario che ogni singolo oppresso impari a modificare il proprio approccio verso l’esterno. Quanti sono oggi, in Italia e in Europa, le vittime di un sistema nazifascista che utilizza l’austerità economica al posto dell’olio di ricino? E perché tutte queste povere vittime non reagiscono pur conoscendo i nomi dei rispettivi instancabili torturatori? Mario Draghi, Angela Merkel e Jean Claude Juncker, solo per citare i protagonisti più noti dell’Olocausto contemporaneo, continuano indisturbati a mietere vittime innocenti senza che l’ombra di nessun tribunale speciale pronto a giudicarne gli efferati crimini si stagli all’orizzonte. Draghi, Merkel, Juncker e compagnia, dipoi, rappresentano solo un potere delegato, conferito loro da un gotha massonico-affaristico composto da finanzieri alla Soros e da proprietari di grandi banche d’affari e multinazionali.
La quasi totalità della ricchezza del pianeta è concentrata nelle mani di una cinquantina di società e corporation che asfissiano il mondo per mezzo di una dittatura di fatto travestita da democrazia. Come fanno una cinquantina di farabutti sparsi per il globo a bastonare a sangue i sei miliardi restanti? Solo rispondendo a questa domanda è possibile spezzare le catene della subalternità che fanno da corollario al feroce sfruttamento messo in piedi dai pochi sui molti. Il mito della caverna di Platone (chi non lo conosce colmi immediatamente la lacuna) ci aiuta a fare luce e a provare ad abbozzare una risposta. Anche noi, come gli immaginari protagonisti descritti mirabilmente dal grande filosofo, vediamo solo ombre riflesse e non cogliamo mai l’essenza delle cose. La realtà è distorta di continuo da chi detiene gli strumenti informativi per decidere a tavolino cosa è vero e cosa è falso, quali siano le priorità da affrontare e le emergenze da risolvere, quali personaggi vadano infine santificati e quali invece demonizzati e lasciati in pasto al pubblico disprezzo.
I fruitori passivi di un sistema mediatico che non è mai neutro non sono allenati al pensiero critico, per cui tenderanno sempre ad introiettare in automatico verità di comodo spacciate furbescamente quasi fossero dogmi di fede. In tal modo il sistema dominante, che impone il pensiero unico deciso dai pochi padroni facendo finta di garantire un pluralismo informativo che non esiste, costringe le tante vittime ad indirizzare altrove – verso bersagli di comodo – il legittimo desiderio di rivalsa che pervade larghissimi strati di una società dolente. Nel mezzo della crisi economica, ad esempio, anziché pubblicare quotidianamente e senza sosta i nomi dei ladri che hanno intossicato l’universo per mezzo di strumenti finanziari diabolici come i famigerati “derivati”, la grande stampa preferiva accanirsi contro poveracci e pensionati chiamati a tirare la cinghia perché presuntivamente così ingordi da avere vissuto prima al di sopra delle proprie possibilità.
Le vittime di una così sottile e reiterata violenza non vedono mai la mano che li bastona, preferendo l’autocommiserazione o, nella peggiore delle ipotesi, scegliendo di scaricare la frustrazione su anelli della società ancora più deboli. Basterebbe ritrovare una solidarietà orizzontale per rimettere in riga quel manipolo di assassini in doppio petto che decide i destini di tutti noi! Non ci sarebbe bisogno neppure di riscoprire una solidarietà di classe in senso stretto, visto che di classe in piedi ne è rimasta una sola: quella dei servi della gleba; basterebbe riuscire a veicolare presso tutti gli strati della nostra società un senso di doveroso disgusto e disprezzo verso quella ristretta oligarchia formata da miserabili a pancia piena così indegni e spudorati da chiedere continui “sacrifici” a chi non può più farne. Dall’odio assoluto verso i nazisti tecnocratici odierni sboccerà un nuovo anelito di amore in grado di liberare l’umanità dal giogo infernale preparato da emissari demoniaci esperti in manipolazione di massa. Guai a quelli che attirano su di loro l’ira dei giusti.