A Ventotene il canto del cigno dell’Europa che ha già fallito

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di Valerio Musumeci

Scrive bene l’amico Giuliano Guzzo quando affida a Facebook la seguente riflessione: «L’Europa non è finita con la Brexit. Stavolta concordo con Renzi. Sul serio. L’Europa è difatti finita quando ha preteso di darsi una moneta senza prima essersi data un’anima, quando si è illusa d’immaginare il futuro ignorando le proprie radici, quando ha cominciato a temere le elezioni, quando ha iniziato a prendersi sovranità senza restituire libertà, quando ha iniziato a parlare di «accoglienza» solo per nascondere penosamente gli esiti di guerre anche proprie, quando si è resa megafono di ideologie e ostaggio dei mercati, quando – sarò drastico, ma la verità non deve essere zuccherosa – ha smesso di pregare». Più che scrivere bene, anzi, Giuliano scrive tutto: altri pensieri sul perché l’Europa abbia fallito, e quelli che leggeremo oggi sui giornali sul perché possa rinascere, suonerebbero ridicoli prima che superflui. Avendo noi pubblicato, ieri, il Manifesto di Ventotene per ricordare che cosa su quell’isola si fosse pensato e scritto, da parte di Altiero Spinelli ed altri portatori di ideologie che avevano il pregio – prima di qualsiasi giudizio – di essere vere e maschie, avendo noi dunque pubblicato il Manifesto come riferimento rispetto alle conclusioni del vertice tra Renzi, Merkel e Hollande, non possiamo non condividere il pensiero di Giuliano riguardo a un fallimento che continua a fallire, e nel fallire trascina con sé la vita – la vita in senso stretto, biologico proprio – di intere generazioni

Raramente si udirono parole più vuote di quelle pronunciate ieri in conferenza stampa dai tre leader europei. E il peggio è che il fallimento di ciascuno dei tre, appoggiandosi a quello degli altri, finisce per sorreggersi e tenere in piedi la stanca tricotomia di un’Europa che – tornate a leggere sopra – è finita da un pezzo ma non cessa di dare spasmi e riflessi nervosi, come le rane tagliuzzate da Galvani, e potrebbe teoricamente andare avanti all’infinito se grazie a Dio la storia non procedesse per tempi più lunghi di quelli umani. Il padrone di casa può dire giustamente che l’Italia, fino a un paio d’anni fa, poteva solo sognare di far parte del direttorio di cartone dell’Unione Europea. Non può dire, invece, che se i rapporti con Francia e Germania sembrano più stretti lo si deve soltanto a una serie di contingenze che il nostro ha abilmente cavalcato, non ultima proprio la Brexit e il terrorismo islamista. Al posto di Renzi ci sarebbe stato Cameron, se gli inglesi non avessero dimostrato di avere le palle votando lo scorso giugno; mostrare una guida a due, per un’Europa in dissoluzione come quella che stiamo vivendo, sarebbe stato un errore marchiano che l’intellighenzia europea non avrebbe mai commesso. Ecco spiegati i vertici a tre, a Berlino e a Ventotene e prossimamente su questi schermi: Renzi è un rimpiazzino contento di esserlo, entusiasta di vendere questo finto protagonismo in casa, dove ha la fortuna di governare su molta gente del tutto disinformata.

Francois Hollande governa un paese sull’orlo della rivoluzione civile, costretto a mettere in bocca al proprio primo ministro sciocchezze invereconde sul burkini o come caspita si scrive pur di distrarre – almeno in estate – la popolazione dalle gravi insufficienze del governo socialista sui temi dell’economia, del lavoro, della sicurezza interna, della politica estera. Angela Merkel, ritenuta spesso superficialmente la padrona d’Europa, governa la Germania con meno appoggio interno di quanto si creda. I tedeschi la ritengono distante e distratta, e non coltivano lo stesso ossessivo interesse del loro leader nei confronti dell’Europa di qua, del Consiglio di là, del vertice di su e del parametro di giù. Ha il vantaggio, unica tra i leader citati, di essere ancora e decisamente il pesce più grosso nel lago della politica tedesca: ma dai e dai, se non il prossimo anno, anche quel sistema di potere cadrà e allora, per scriverla in termini tecnici, saranno cazzi per tutti. Così gravemente pregiudicati sul piano interno, dunque, i tre cercano la sponda estera e finiscono per trovarla proprio nell’abbraccio di Berlino e di Ventotene, e proprio nelle parole di speranza espresse a cacchio dal nostro Presidente del Consiglio. Come spesso capita a chi stia troppo tempo dentro il palazzo, tuttavia, non si rendono conto che questo giochino non durerà a lungo, e che la Storia con la “s” maiuscola consegnerà al futuro soltanto il ritratto di una penosissima guerra di trincea, quella combattuta tra il potere e la realtà