di Alessandro Sallusti
Niente da fare. Dopo qualche ora di interrogatorio i magistrati di Ragusa hanno rimesso in libertà il clandestino indiano con precedenti penali e foglio di via obbligatorio che qualche giorno fa aveva tentato di rapire una bimba di cinque anni sulla spiaggia di Vittoria.
I pm confermano così la prima decisione che già aveva vanificato il successo del lavoro di carabinieri e polizia che, a poche ore dal fatto, rintracciarono, non senza difficoltà, e arrestarono questo galantuomo. Quindi, se abbiamo capito bene, in questo Paese un tizio che non ha diritto a stare tra noi e che già ci ha fatto brutti scherzi, può prendere in braccio nostro figlio e allontanarsi. A patto che, se scoperto, molli il malloppo e scappi a gambe levate. Perché, non sapendo più che pesci prendere per rimediare all’assurda decisione presa a caldo, il pm di Ragusa ha deciso che non c’è reato poiché il sequestro è durato meno di un minuto, tempo durante il quale l’indiano è rimasto nel teorico campo visivo dei parenti della piccola.
Beh, in effetti, a meno che non ti chiami Usain Bolt, pluricampione olimpico di velocità, è difficile sparire dall’orizzonte con in braccio un fagottello di venti chili. Il dubbio che a Ragusa stiano prendendo l’Italia per i fondelli, per incapacità o cecità burocratica lo vedremo, è venuto anche al ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che forse non conosce il codice penale a memoria, ma ha a cuore il buon nome della giustizia italiana. Alla richiesta di solidarietà del procuratore capo di Ragusa, tale Carmelo Petralia, per gli «attacchi di certa stampa (cioè noi, ndr)», il ministro ha risposto chiedendo agli ispettori di avviare accertamenti su quello sciagurato tribunale. Gliene siamo grati a nome degli italiani tutti. Perché senta, egregio dottor procurator Petralia: lei sta infangando il comune senso della giustizia, la sua arroganza è pari solo alla sua incapacità di voler capire di cosa stiamo parlando. Invece che attaccarsi a cavilli, secondi e metri, stasera faccia due chiacchiere – se li ha – con sua moglie, con i suoi figli e con i suoi nipotini. Va bene anche l’amico del bar sotto casa, ammesso che ne abbia uno. E poi ci riferisca.
Perché, se non cambia idea, nessun italiano ha intenzione di affidare la sicurezza dei bambini a gente come lei, che tiene in carcere preventivo per mesi, e spesso per niente, politici e imprenditori fino a «fine indagini» e lascia invece libero un clandestino che prova a portarsi via un nostro piccolo. Spero che la questione non finisca qui. IlGiornale