Siete indignati perché l’egiziana giocava con il velo mentre la brasiliana con il sederino di fuori. Perché giocare a beach con il deretano esibito sarà un segno della superiorità morale, intellettuale, filosofica, gnoseologica, tautologica, apodittica, transeunte, metà-fisica e metà-astrofisica dell’Occidente rispetto al resto del mondo. Perché il problema – da sempre – è l’affermazione del nostro modello culturale che è cosa diversa dalla difesa di un’identità culturale. Le nostre donne vanno in spiaggia e giocano a beach volley con il fondo schiena scoperto? Bene, noi pensiamo che la femminilità sia una nostra conquista: il corpo è mio e fo’ quello che dico io, Erica Jong ed altri. Ma in che senso l’egiziana che gioca velata per rispondere ad un suo precetto religioso è simbolo di oscurantismo, rispetto al quale le natiche carioca rappresentano il trionfo del Bene sul Male?
Quando vado in spiaggia quel trionfo di culi è un bel vedere, ovviamente, e fa ormai parte del nostro modo di essere. Ma non voglio imporlo al resto del mondo: mi basta che sia un dato acquisito nel mio mondo, nel mio tessuto sociale, il quale spero abbia più profondi contenuti di ordine morale nel quale riconoscersi che il semplice elogio del culetto scoperto. Ma la logica di “esportiamo la democrazia del culo” anche a chi vuole tenerselo coperto non la condivido. Si dirà: eh, ma quelli vogliono imporci la Sharia. Intanto: quelli chi? Tutti quelli chi? Tutti i correligionari della beacher egiziana? Siccome Totò Riina era di Corleone, tutti i siciliani sono mafiosi? E ammesso che sia vero, la nostra (presunta) superiorità è quella di aver rinunciato allo Stato etico. La laicità è un valore quando ci riguarda ma deve esserlo, soprattutto, nel rapporto con gli altri. Tornate a guardare i culi brasiliani, e lasciate che le egiziane giochino vestite come cavolo pare a loro. Certo, se devono giocare come cavolo pare ai maschi delle loro famiglie potrebbe essere un po’ brutto, ma devono essere loro a deciderlo. Non noi.