Lara Comi da Saronno (ma nata a Garbagnate), classe 1983, laureata in Economia, poliglotta, occhi azzurrissimi, gavetta nei giovani forzisti: europarlamentare e vicepresidente del Ppe, è considerata da molti una creatura del Cav, anche se alcuni del partito non stravedono per lei. È stata l’unica italiana invitata alla international leader forum che comprende 400 leader internazionali. È orgogliosa d’aver parlato all’Onu – in rappresentanza del Belpaese – sul tema del «mantenimento della pace». In tv, ha fatto inferocire Cacciari.
Berlusconi è in ripresa, il cerchio magico è stato spazzato via e il Milan è stato ceduto. Onorevole Comi, sta brindando? «Noo, ma che dice? Poi sono argomenti diversi».
Partiamo da Berlusconi.
«Del presidente sono contentissima, spero si riprenda al 110% il prima possibile!».
Capitolo Milan.
«Sul Milan non brindo, anche se capisco fosse necessario vendere per motivi finanziari. Da tifosa rossonera e del made in Italy sono delusa. Spero che Berlusconi resti presidente onorario il più possibile».
Brinda per l’addio al cerchio magico?
«Guardi che non brindo, perché penso che nel partito ci siano ancora problemi strutturali che non sono stati eliminati. Ma non ho mai avuto problemi con nessuno…».
Con la Pascale e la Rossi andava d’accordo?
«Con me sono sempre state corrette. Posso dire la stessa cosa dei dirigenti che col cosiddetto cerchio magico litigavano».
Nessuno le impediva di parlare con Berlusconi?
«No! Ho avuto con lui l’opportunità continua di confronto sui grandi temi europei e nazionali e sulla necessità di un movimento radicato sul territorio».
È vero che ha litigato con Licia Ronzulli perché lei, onorevole Comi, ha preso più voti della sua collega, che così non è stata confermata all’europarlamento?
«Nessun litigio!».
Però Fi decise di sostenere la Ronzulli e non lei. Vero?
«Sono stata ricandidata e ringrazio il presidente Berlusconi. Il partito mi ha detto che non mi avrebbe sostenuta, ritenendomi “brava e capace di camminare con le mie gambe”. Ne ho preso atto».
Ci rimase male.
«Un po’ sorpresa… Ma la presenza costante e attiva sia sul territorio sia al parlamento mi ha permesso di ottenere un grande risultato elettorale con un notevole incremento di preferenze rispetto alle precedenti elezioni».
Con l’appoggio del partito avrebbe preso più voti?
«Certamente sì ma avrebbe dato fastidio a qualcuno».
È stata sostenuta da Cl?
«Ma no, Cl aveva già un candidato nelle lista Ncd».
Allora da Berlusconi, di nascosto…
«Sarò sempre grata a Berlusconi per avermi candidato. Credo che il mio risultato elettorale arrivi da persone che mi hanno premiata per il lavoro svolto e altre che, anche se di diverso orientamento, mi hanno votata perché hanno creduto in me come persona».
83.987 preferenze.
«Credo che chi ricopre dei ruoli, anche interni al partito, debba sottoporsi almeno una vota al voto popolare».
S’è sorpresa nel vedere la Ronzulli coinvolta nelle trattative per cedere il Milan?
«Sì…».
E lei, tifosissima rossonera, ha mai suggerito a Berlusconi di comprare qualcuno?
«Gli ho chiesto Messi».
Potrebbe essere un bel regalino d’addio…
«Non credo si realizzerà mai. Però vorrei un Milan – come Forza Italia, peraltro – capace di avere un progetto chiaro. Che magari non vinca subito ma che si attrezzi per farlo. Senza cambiare sempre mister».
Sta con Galliani o Barbara Berlusconi?
«Sono dinamiche che non conosco, ma credo che quando le risorse finanziarie sono ridotte tutto si complica».
Lei è stata brand manager alla Giochi preziosi del presidente del Genoa. Che peraltro fa affari frequenti con Galliani. C’entra qualcosa?
«Nooo! Non è merito mio. Nel Genoa, Preziosi sta facendo bene. E ha indovinato grandi acquisti come Milito».
Ricorda il primo incontro col Cavaliere?
«Era il 2004, avevo 21 anni ed ero già portavoce di Fi a Saronno. Mio padre mi regalò i biglietti per andare allo stadio nell’ultima giornata di campionato. Milan-Brescia. C’era l’addio al calcio di Roberto Baggio. Eravamo in tribuna rossa, ma non nel settore autorità. Vedo il presidente: scavalco un muretto, evito le guardie del corpo e mi avvicino a lui».
E lui?
«Mi chiese di dove fossi. Quando gli dissi “di Saronno”, s’illuminò. Suo padre Luigi era nato lì. E mi raccontò che anche lui ci aveva vissuto per circa tre anni. Parlammo per quasi tutto l’intervallo e alla fine mi chiese i contatti». .
Per lei, è stata la svolta.
«Pensai: vabbè, lo dice a tutti. Eppure dopo una settimana, un sabato pomeriggio, ricevo la telefonata. Era Berlusconi in persona. Poco tempo dopo andai ad Arcore. C’era anche Bondi, all’epoca coordinatore».
E cosa le chiesero?
«Il curriculum! E poi la media scolastica».
Nessuna barzelletta o galanteria?
«No. Pensai: sembra un colloquio di lavoro. Poi tornammo a chiacchierare di Saronno, di giovani, di progetto politico. Dieci minuti: mi tremavano le ginocchia».
Poi è diventata coordinatrice regionale di Fi Giovani e candidata alle Politiche 2008.
«Terza dei non eletti, ero una riempilista».
Nel 2009, candidatura al parlamento europeo. Eletta.
«Grande soddisfazione: esser eletta a 26 anni come deputata più giovane non è da tutti i giorni».
Cosa non va in Fi?
«Gli iscritti e la base sono dimenticati, cosa che non può succedere a chi ha preso le preferenze. Io sono in campagna elettorale tutti i giorni. Eppure in troppi ragionano per strategie di palazzo e correnti. E su alcuni temi non c’è linea».
Guardi che anche lei ha messo in piedi «Siamo Italiani»: non è una corrente?
«Non è una corrente! E prima di farla mi sono confrontata con il presidente».
Ne parliamo dopo. Diceva dei dirigenti che non prendono voti.
«C’è qualcuno che ha ruoli apicali, ma per me non li voterebbero nemmeno i parenti».
Fuori i nomi.
«Non è una questione di nomi ma di metodo per la scelta della classe dirigente…».
Ce l’ha con Romani, Gasparri, Brunetta?
«No! Non ce l’ho con nessuno, ho stima nei loro confronti, ma penso che sia un passaggio importante che almeno una volta nella vita il politico si confronti con il sistema a preferenze».
Brunetta l’ha fatto a Venezia. Non andò benissimo.
«È importante che i ruoli istituzionali e gli organi interni siano scelti con regole democratiche condivise».
È contenta che ci sia la fila per tornare in Fi?
«A volte riprendere qualcuno fa perdere voti».
Ha detto niente!
«Quelli che rientrano devono avere zero ruoli, perché chi è coerente e affidabile va valorizzato. Altrimenti succede che uno può uscire dal partito, magari incassa un ruolo nel governo non sostenuto da Fi, poi torna quando le cose vanno male e magari ha ruoli direttivi. È sbagliato! Chi torna dev’essere l’ultimo degli ultimi!».
È un messaggio di benvenuto per Schifani?
«No, è un messaggio per tutti. Lui e Azzollini non saranno gli ultimi a tornare. Bentornati, per carità, ma ora ripartano da zero».
Prevede di riabbracciare Alfano?
«Non credo che Alfano e Fitto abbiano intenzione di rientrare in Fi. Sarei favorevole a coinvolgerli in un progetto nuovo, con una realtà nuova perché spero che in Italia si formino due grandi partiti come negli Stati Uniti: uno di centrodestra e uno di centrosinistra».
Diceva della sua nuova associazione.
«L’obiettivo è creare una politica collegata al Paese reale, alla necessità di risposte concrete, aperta sinergicamente al confronto con le imprese, le professioni, il mondo del lavoro e i giovani che sono il nostro presente. Aspetti che nessun partito è in grado di proporre oggi. Ho fondato “Siamo italiani” con gli onorevoli Cicu e Patricello, e hanno aderito anche uomini di riferimento che rappresentano a 360 gradi l’Italia».
Cosa pensa di Parisi?
«C’è necessità di un nuovo grande progetto-proposta per il Paese e lui in questa costruzione è una risorsa. Invito Stefano a puntare sul merito e sulla competenza che sarebbero già una vera rivoluzione in Fi».
È vero, onorevole Comi, che fino a poco tempo fa era pronta a seguire Verdini?
«Non è vero! Cerco di importare in Italia lo stesso metodo europeo (ovvero coinvolgere tutti i colleghi senza guardare il colore politico) che mi ha permesso anche la vittoria in plenaria per il made in Italy. Quindi dialogare con Ala, Ncd, Pd, M5S ,Udc per ottenere risultati utili ai cittadini».
Non ha citato la Lega.
«Nessun problema con la Lega, anche con Maroni ho un ottimo rapporto».
Con Salvini, invece…
«Non credo che la politica urlata e rivolta solo alla pancia della gente sia il modo giusto per affrontare e risolvere le questioni. Poi, Salvini non è stato rispettoso nei confronti di Berlusconi e Forza Italia».
A cosa si riferisce?
«Ad alcuni attacchi personali, affermazioni inopportune e pubbliche nei confronti del nostro leader e di Forza Italia. Peccato che, in queste circostanze, pochi del mio partito abbiamo reagito in difesa del presidente Berlusconi».
Ma è possibile una nuova alleanza con le Lega?
«Sì, ma vanno chiariti alcune aspetti. Fi è il primo partito del centrodestra e…»
Salvini dice che non è vero.
«A Milano, che è stato un test nazionale, Fi ha preso il doppio della Lega!».
Salvini potrebbe fare il leader della coalizione?
«Se vincesse le primarie, sì. Dobbiamo farle».
La Lega vi chiede di mollare il Ppe, altrimenti niente alleanza.
«Noi non abbiamo mai chiesto alla Lega di lasciare la Le Pen, anche se capisco che questa Europa debba essere cambiata. Entro il 2019. E visto che Forza Italia non ci riesce, con “Siamo italiani” faremo un tour nazionale per proporre soluzioni ».
E quali sarebbero?
«Tutela del nostro made in Italy,dall’agricoltura alla manifattura con sostegno alle microimprese. Contro il terrorismo, invece, è necessario creare l’esercito unico europeo. Poi penso a un sistema scolastico duale con la garanzia di trovare lavoro dopo gli studi, e per salvare i nostri risparmi serve una vera Banca centrale paragonabile alla Fed. E poi…».
Poi?
«Un costo del lavoro europeo uguale ovunque, per impedire che alcuni Stati beneficino di agevolazioni fiscali. Iva e Irpef devono essere uguale per tutti».
È giusto bombardare la Libia?
«Prima di parlare di Libia bisogna avere una reazione corale ed efficace contro il terrorismo. Lavoriamo per dare sicurezza ai nostri cittadini e per farlo un primo step è il tema Libia. Serve un governo stabile e quindi serve intervenire militarmente, ma non può farlo l’Italia da sola. L’Europa si esprimerà l’11 ottobre sull’Unione europea della Difesa di cui sono relatore. Serve anche una intelligence comune».
C’è qualcosa che non rifarebbe?
«Pensandoci bene sì… Non dare una seconda chance a chi ha tradito la mia fiducia». Matteo Pandini per Libero Quotidiano