Non è facile indagare sull’immutabile condizione umana e raccontarla nero su bianco. Forse si potrebbe provare osservandola come si osserva un quadro da lontano, quando ci appare così perfetto e nitido come il pennello del suo autore. Un po’ più difficile invece dare un senso a quella pennellata un po’ azzardata, a quello schizzo fuori bordo che solo un’osservazione più attenta può permetterci di scrutare. Ecco, l’esistenza umana è un quadro da osservare da vicino, molto vicino. Solo così i numerosi personaggi dei 33 racconti di Leonardo Altomano avranno un senso. E quel senso è l’uomo nelle più svariate sfaccettature.
Edito da Gremese, Il Gelato in Piscina Non Si Scioglie è un profondo percorso che proietta nella mente del lettore immagini, suoni e sensazioni in cui ognuno è pronto a rispecchiarsi. D’altronde chi è quello “strano animale” che l’avvocato tarantino pone sotto i riflettori della vita? Colui che respirava il vento costruendosi una capanna e che poi cominciò a dare un nome al Sole, alla Morale, alla Religione e al Potere; colui che si moltiplicò come le cavallette e più si moltiplicava evolvendosi più si allontanava dalla natura da cui era nato: il dilemma dell’uomo moderno che più sa dare risposte tanto più sa perdere la capacità di farsi delle domande; un nichilismo che induce i figli dei figli dei figli a pensare che forse “bisognava vivere come aveva vissuto quello strano animale”. Il libro di Leonardo Altomano ha la particolarità di non essere un romanzo ma un insieme di piccoli “romanzi di vita”. Amore, solitudine, fantasia, pessimismo ma anche tanto mistero: una chiave di lettura che si snoda nella ricerca della morale insita in ogni piccolo racconto e che dunque invita il lettore alla riflessione, all’indagine. Lo fa attraverso l’uso di simboli, metafore, monologhi raccontati per mezzo di un linguaggio volutamente frammentario per captare il nostro tempo e le sue infinite contraddizioni. Così come il referendum sulla sigaretta ne “La camera d’attesa” e la condanna a morte dell’uomo con la barba, non avrebbero alcun significato se non ci spingessimo oltre i confini del semplice aneddoto riflettendo sui pregiudizi dell’umanità e la superbia dell’uomo nel prevalere sempre sul prossimo, giusto o sbagliato che sia.
Emblematica poi la parte finale del libro in cui Leonardo Altomano, con un pizzico di ironia, riunisce attorno ad un tavolo di una osteria Sartre e Camus per discutere di esistenzialismo, ma anche Manzoni, Bukowski, La Rochefoucauld, Leopardi e perfino Milan Kundera. E’ quest’ultimo ad esserne sicuro più degli altri: il romanzo è morto. E fu come se quell’arte che li aveva accomunati in vita, adesso li avesse richiamati tutti insieme per celebrare il suo funerale.