Il centrodestra sia moderato e federatore

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di Andrea Di Bella

Moderato perchè gli estremismi non vincono. Federatore perchè necessita di uno sforzo inclusivo senza precedenti. Infatti, le ultime elezioni amministrative hanno dimostrato tre cose. La prima: senza il centro – dove per centro è intesa quell’area politica che attualmente parte da dove finisce il Pd e finisce dove c’è Forza Italia – è destinato e non competere in quasi nessuna sfida decisiva. Né i ballottaggi né tanto meno vittorie a primo turno. Secondo: Il Partito Democratico ed il cosiddetto “Effetto Renzi” hanno esaurito la loro forza propulsiva in termini elettorali. Sono ormai lontani i tempi del 40%, ed il presidente del Consiglio ha (almeno per il momento) definitivamente imboccato la sua fase calante. Terzo: Il M5S non è una forza politica imbattibile. E dove il centrodestra si struttura adeguatamente, è quest’ultimo a disputare i ballottaggi anziché i grillini, segno che la protesta monta dove regna l’incertezza e la confusione, mentre decollano le proposte politiche adeguatamente costituite e che garantiscono programmi all’altezza dei territori. E’ questo quello a cui deve puntare il centrodestra che verrà

Il centrodestra è già stato al Governo, certamente non avendo ottenuto il massimo dei risultati ma mettendo in campo le migliori risposte del momento storico in cui gli capitò di governare. Ed è altresì inutile tergiversare sulla presenza o meno di Berlusconi nell’agone politico: il Cavaliere riesce ancora a riscuotere un successo elettorale e carismatico determinante, lontano dalle ondate del 2008 ma pur sempre in grado di stabilire gli equilibri di un’area politica altamente competitiva, e pur sempre in grave affanno. Ad oggi i numeri danno ragione a tali conclusioni: Forza Italia vale il 12,2%, appaiato alla Lega di Salvini al 12,4%. Fratelli d’Italia è al 4,7% mentre Area Popolare, con il più dei suoi parlamentari in rientro verso casa base, data al 4,4%. Il Pd è attualmente al 29,8% ed il M5S al 30,6% (Ipsos per Corriere della Sera, 2 luglio 2016). Con questi numeri, e con il mantenimento dell’Italicum con premio alla lista anziché alla coalizione, nessuno dei tre blocchi vincerebbe a primo turno (la soglia è stabilita al 40%) e a disputare il ballottaggio sarebbero centrodestra contro centrosinistra (33,7% contro 28,8%, con 4,9 punti di distacco). Una condizione lusinghiera per il cosiddetto fronte moderato, che non deve lasciarsi ammaliare dalle sirene di Renzi sul Referendum costituzione di ottobre, che quasi certamente perderà; né dai personalismi e dai veti incrociati che hanno solo fatto del male ad un’area politica rappresentante di milioni di italiani, che schifati dai rimescolamenti di poltrone hanno finito per ingrossare irrimediabilmente l’astensione. Il centrodestra, questo centrodestra, sia quindi moderato e federatore. Premi l’aggregazione sui cosiddetti modelli Lombardia, Liguria ed infine Milano, quest’ultima una bandierina persa per esclusive responsabilità del candidato Stefano Parisi, reo di avere trasmesso ambiguità presso l’elettorato circa il “No” al Referendum ed in ultimo sulla vicinanza ai partiti che lo sostenevano.