di Francesco Bei
Ancora dolorante per essere stato «squartato» (copyright Confalonieri) ma sempre più pimpante, Berlusconi in queste settimane di riposo forzato ha avuto molto tempo per riflettere sulla sua creatura politica. E più la osservava dal letto d’ospedale più non la riconosceva come propria, come fosse diventata un’escrescenza, una stucchevole estranea lacerata dai conflitti, una figlia da rinnegare. Nel gergo commerciale del fondatore, Forza Italia è ormai «un brand logorato». Da qui l’idea che si è trasformata giorno dopo giorno in convinzione, in attesa di diventare presto decisione: rottamare Forza Italia, rimetterla nell’album dei ricordi da cui era stata tirata fuori nel 2013 dopo la batosta subita dal Pdl alle amministrative e la scissione di Alfano. E lanciare sul mercato un nuovo soggetto politico. «Dobbiamo mettere in campo – ha spiegato l’ex Cavaliere ai pochissimi ammessi nella suite del San Raffaele – qualcosa che sia realmente competitivo con i Cinque Stelle e con Renzi. Sta cambiando tutto molto velocemente e solo noi restiamo fermi».
Anche i tempi, grosso modo, sono stati stabiliti e sono legati al risultato del referendum costituzionale di ottobre. Sarà quello lo spartiacque della politica italiana. Dopo il referendum si dovrebbe tenere quel congresso di rifondazione evocato ieri da Fedele Confalonieri nell’intervista a questo giornale. Sarà quella la sede per il cambio del nome e l’auspicato rilancio, con una nuova leadership. Per sé, come suggeriva l’amico “Fidel”, il capo ha riservato il ruolo di commissario tecnico, di «coach». Ma niente più impegni diretti. Su questo la primogenita Marina – da quando il padre è uscito dalla rianimazione si è fatta un punto d’onore di fargli sempre compagnia a colazione – è stata categorica. Dunque il partito sarà affidato a qualcun altro, con due nomi che al momento svettano su tutti gli altri: Giovanni Toti, il governatore della Liguria che il “partito Mediaset” considera più affidabile, e Mariastella Gelmini, forte del successo personale a Milano.
Sarà uno di questi due a sfidare Salvini e Meloni alle primarie del centrodestra. Che certamente si faranno. Berlusconi, ed è questa la seconda notizia, è infatti sicuro che l’Italicum cambierà e si arriverà a un premio di coalizione che gli consentirà di rimettere in piedi il vecchio centrodestra. Gli ambasciatori gli riferiscono infatti di alcuni sondaggi riservati, effettuati da persone di fiducia del premier, per testare la disponibilità di Forza Italia ad appoggiare una modifica “chirurgica” della legge elettorale. Con passaggio, appunto, dalle singole liste alle coalizioni. E il mantenimento dei capilista bloccati, a cui tengono moltissimo sia Berlusconi che Renzi.
Il destino di Forza Italia è dunque segnato. Oberata di debiti, nonostante la ristrutturazione operata dalla tesoriera Maria Rosaria Rossi (che ha lasciato due giorni fa il posto all’anziano Alfredo Messina, vicepresidente Mediolanum) e con tutti i suoi beni pignorati dai creditori, il partito berlusconiano è un pallido simulacro di quella corazzata che nel ’94 rivoluzionò la politica italiana e nel 2001 fece cappotto. I risultati elettorali delle amministrative, tranne che a Milano, sono stati imbarazzanti: 4,6 per cento a Torino, 9,6 per cento in quella Napoli che idolatrava Berlusconi come una divinità pagana, fino alla catastrofe di Roma, con Forza Italia ridotta a un cespuglio del 4,2 per cento. Proprio lo spettacolo romano, con lo scarico di responsabilità tra i dirigenti coinvolti nel tracollo, sarebbe stata l’ultima goccia che ha convinto il leader a dar retta ai consigli di Marina e farla finita con quel «covo di vecchie vipere».
Quanto al nuovo nome del partito che verrà, le opzioni sono tutte sul tavolo. Compreso quel “L’Altra Italia” già messo dai grafici su bozzetto un anno fa. «Ma il nome – spiega uno dei pochi frequentatori del San Raffaele – dipenderà anche dai compagni di strada che avremo. Ancora non è chiaro se andremo con Salvini oppure faremo un nuovo centro con Alfano, Fitto e gli altri». La Stampa