Renzi, l’autoritarismo, il Mein Kampf. Appunti su un dominio che non è dittatura

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Renzi-il-Duce-by-Luca-Peruzzi_mm

di Valerio Musumeci

Dormiremo con le porte aperte e i treni arriveranno in orario. Se autoritarismo è, questo renziano, non resta che coglierne gli aspetti positivi pescando dalla memoria le frasi dei nostri nonni. “C’era poco ma quel poco era sicuro”, ad esempio: quanto ad esserci poco ci siamo, ma se non riusciamo a liberarci dal sospetto che anche questo poco ci venga tolto non siamo coerenti con la narrazione autoritaria. Se una dittatura non porta certezze e sicurezze non è dittatura. Le incertezze e le insicurezze appartengono alla libertà.

Insomma questa storia dell’autoritarismo non regge, e non è bello soprattutto per Renzi. Riuscire ad imporre una dittatura tradizionale, nel tempo della dittatura sotterranea e invisibile, sarebbe stato quello sì un colpo da maestro. Invece nulla, nemmeno una purghetta. Non possiamo neanche dire, con Berlusconi, che Renzi come Mussolini non ha mai ammazzato nessuno, al massimo manda la gente in vacanza al confino: il presidente/segretario gli oppositori e i dissidenti se li tiene lì in bella mostra, conscio della loro inutilità – parlando della leggendaria minoranza dem o sinistra PD, roba da bestiario medioevale – o dell’irrilevanza sostanziale delle voci “fuori dal coro” – caso Virus: dopo averlo menato per settimane con la purga renziana, si fosse letto un telegramma (uno) di protesta di qualche stronzo di abbonato per la sospensione del programma. “Testa ca non parra si chiama cucuzza”, si dice in Sicilia: tradotto, chi non parla è per l’appunto uno stronzo. Governando un Paese così composto, con opposizioni consistenti come la gelatina e popolo catatonico come dopo una pera, che bisogno ha Renzi di instaurare una dittatura? Quel destino politico – che magari gli sarebbe piaciuto – gli è negato dalla fisiologia della politica italiana e degli italiani. E tanto piacere che vada avanti per la sua strada, se ciò potrà contribuire a svegliare dal colpevole sonno le masse ruminanti che hanno fatto fallire – tra le altre cose – il referendum sulle trivellazioni di metà aprile.

Due annotazioni. La prima, richiedere una perizia psichica per certi direttori di quotidiani milanesi – tradizionalmente orientati a destra – che pur di far perdere il ballottaggio al loro candidato sindaco regalano il “Mein Kampf” in allegato al giornale. La seconda: speriamo che a Berlusconi vada bene l’intervento di domani. Come hanno dimostrato le elezioni di domenica scorsa – e come potrebbero confermare i ballottaggi se qualcuno non si mette a regalare poster di Himmler – uno che riesce a prendere 250.000 voti nei capoluoghi senza fare assolutamente nulla è ancora tristemente, infelicemente e disperatamente l’unica alternativa possibile allo spopolare di questa malintesa socialdemocrazia in Italia. Tolti quei voti, che sono brutti sporchi e residuali ma si contano più di tutti gli altri, il presidente/segretario ha davanti a sé praterie da trebbiare a dorso nudo e bivacchi di manipoli da installare nell’aula sorda e grigia. Così perlomeno sogna qualcuno. L’Intellettuale Dissidente