«I gruppi parlamentari del Movimento 5 stelle sono costati ai cittadini 18 milioni di euro in due anni e mezzo e questi soldi sono serviti anche a finanziare la campagna elettorale di Virginia Raggi, che ha usato le sedi parlamentari come comitato elettorale». Un dossier arrivato da Montecitorio svela il bluff dei grillini. «Altro che contrari al finanziamento pubblico, lo usano eccome», attacca Emanuele Fiano. «L’attività politica dei cinquestelle in parlamento – svela il deputato Pd – è costata alla Camera 2 milioni nel 2013, 3,4 milioni nel 2014; al Senato 1,5 milione nel 2013 e 2,4 milioni nel 2014. Sono quindi 9,3 milioni nel primo anno e mezzo di legislatura. I numeri del 2015 non sono ancora disponibili. Proiettando, però, i dati 2014 sull’anno seguente si avrebbe una spesa totale per l’attività politica dei gruppi parlamentari M5s, fino al 2015, di 15,1 milioni di euro per i primi due anni e mezzo di legislatura. Poi ci sono le spese dei singoli parlamentari, i rimborsi per attività politica che si aggiungono allo stipendio.
Raggi & c: al solo Di Maio 262mila euro in rimborsi
«In 3 anni (marzo 2013 – febbraio 2016), il solo Luigi Di Maio ha speso 262mila euro dei rimborsi che gli paga la Camera per spese come consulenze, attività sul territorio, spese telefoniche, trasporti. Se tutti i 126 parlamentari M5s hanno speso come lui, si tratterebbe di altri 3,3 milioni di euro di soldi pubblici utilizzati per attività politica, utilizzati dai singoli parlamentari M5s al netto dello stipendio che ricevono mensilmente e si aggiunge a questi soldi. In totale, quindi, i primi due anni e mezzo di mandato M5s sono costati ai cittadini circa 18,4 milioni di euro di spese per attività politica. Virginia Raggi ha usato le sale del Senato per presentare il suo programma elettorale – aggiunge Fiano – e si è piazzata per settimane negli uffici della Camera. Quei 18,4 milioni di euro, quindi, sono serviti anche per lei, per la sua campagna romana. È la solita doppia faccia dei cinquestelle, che si presentano francescani solo in tv e nei video su facebook». Secolo d’Italia