Mi ricordo il primo incontro con il presidente quando sono arrivato al Leicester City questa estate. “Claudio, questo è un anno molto importante per il club. Per noi è fondamentale restare in Premier League. Dobbiamo salvarci” La mia risposta fu: “Okay, sicuro. Lavoreremo duramente sul campo per raggiungere questo traguardo”.
Quaranta punti. Quello era il nostro obiettivo. Era il totale di cui avevamo bisogno per restare in prima divisione, per regalare ai nostri tifosi un altro anno di Premier League.
Non avrei mai sognato di aprire il giornale il 4 aprile e vedere il Leicester City in testa alla classifica con 69 punti. L’anno scorso, a questo punto della stagione, la squadra era in coda alla classifica. Incredibile.
Forse adesso avete sentito questi nomi. Giocatori che erano considerati troppo piccoli o troppo lenti per altri club. N’Golo Kanté. Jamie Vardy. Wes Morgan. Danny Drinkwater. Riyad Mahrez. Ho subito visto la loro qualità e quanto forti potevano diventare.
Beh, sapevo che avevamo chance per restare in Premier League.
Questo giocatore Kanté, correva così tanto che pensavo avesse delle pile nascoste nei pantaloncini. Non si fermava mai in allenamento.
Dovevo dirgli: “N’Golo, rallenta. Rallenta. Non correre sempre dietro al pallone, okay?” Lui rispondeva:, “Sì, boss. Sì. Okay.” Dieci secondi dopo stava ancora correndo. Io gli dico: “Un giorno farai un cross e andrai tu stesso a colpire di testa in area”.
Jamie Vardy? Non è un calciatore, è un fantastico cavallo. Ha bisogno di sentirsi libero in campo. Io gli dico: “Puoi andare dove vuoi ma devi aiutarci quando perdiamo palla. E’ l’unica cosa che ti chiedo. Se tu inizi il pressing, l’intera squadra ti seguirà”.
Abbiamo iniziato bene la stagione. Vincevamo ma subivamo anche troppi gol. Prima di ogni partita chiedevo sempre di non subire gol, e non ci riuscivamo mai. Ho provato ogni tipo di motivazione.
Così prima della gara contro il Crystal Palace, ho detto: “Ragazzi se non subite gol vi offro una pizza”. Vittoria per 1-0…
Così li ho portati alla Peter Pizzeria di Leicester City Square. Ma avevo una sorpresa per loro: “Voi dovete sempre lavorare duramente per tutto. E lavorerete anche per la pizza. Ognuno farà la sua”.
Così siamo andati in cucina e ci siamo messi a lavorare con formaggio e pomodoro. Abbiamo preparato le nostre pizze. Erano molto buone, ne ho mangiate diverse fette. Che posso dire? Sono italiano, mi piacciono pizza e pasta. Adesso sono tante le gare senza subire gol. Dodici dopo quella pizza, non credo sia una coincidenza.
Mancano sei partite e dobbiamo continuare a lottare con cuore e anima. Siamo un piccolo club che deve dimostrare al mondo cosa si può ottenere con spirito e determinazione. 26 giocatori, 26 cervelli, ma un unico cuore.
I tifosi del Leicester che incontro per strada mi dicono che stanno sognando: “Okay, voi sognate per noi – rispondo -. Noi non sogniamo, noi lavoriamo duramente”
Non importa come andrà a finire, credo che la nostra storia sia importante per tutti i calciatori in giro per il mondo. Offre speranza ai giovani e a chi ha sentito dirsi di non essere abbastanza bravo. Potranno dirsi: “Come posso arrivare ai massimi livelli? Se Vardy può fare questo, se Kanté può fare questo, allora posso riuscirci anche io”.
Di cosa ho bisogno per arrivare?
Un grande nome? No.
Un grande contratto? No.
Una mente aperta, un cuore aperto, batterie cariche e via correre liberamente.
Chi lo sa a fine stagione potremmo avere due pizza party!
(Messaggio indirizzato da Claudio Ranieri, allenatore del Leicester, ai tifosi della squadra).