Giuliano Poletti, ministro del Lavoro e del Welfare, prende posizione nel durissimo scontro a sinistra rivendicando il lavoro di questi due anni e anticipando un piano per il sociale che chiama Social Act: «Siamo il primo governo ad avere un piano contro la povertà e per il no profit». Il primo? Ne è proprio sicuro? «È la prima volta nella storia del nostro Paese che nel bilancio dello Stato c’è un fondo finanziato in modo stabile. Siamo i primi in Europa ad avere approvato il piano per i senza fissa dimora. Tra un mese viene approvata la legge delega per il terzo settore, entro fine anno quella per la lotta alla miseria. C’è tutta una serie di misure già varate o che stiamo preparando. E c’è una battaglia culturale da combattere». Sostiene Poletti che «per vent’anni questa società è vissuta di paure; e le paure l’hanno frammentata e distrutta. La sinistra spesso ha mancato il risultato; e, come diceva mio nonno, quel che non si conta non conta. L’errore più drammatico è stato mettere l’enfasi solo sulla difesa: difendere l’Italia, l’occupazione, il lavoro. Ma in questo modo abbiamo difeso le rendite e non abbiamo promosso le opportunità. Con la cassa integrazione e i prepensionamenti non abbiamo difeso il lavoro, bensì il reddito. Io mi batto per il cambiamento: basta rendite; moltiplichiamo le opportunità. Investiamo un po’ meno sulla difesa e molto di più sul futuro. La paura la capisco. Se io perdo quello che ho e non so dove sto andando, tendo a difendere lo stato delle cose. Se ci aggiungi la crisi, ecco che hai una società sfarinata, slabbrata, divisa. Per questo il Social Act è più importante del Jobs Act».
Perché il Social Act è più importante del Jobs Act
Cioè? «Noi vogliamo far passare più treni; e vogliamo aiutare le persone a salire sul treno. Chi non ce la fa va aiutato ad avere condizioni dignitose di vita. Per questo ci daremo uno strumento universale. In Italia, se non sei un ex, non ti tocca niente. Sei un cittadino in condizione di necessità? Noi ti proponiamo un contratto. La collettività si prende carico di te, ti accompagna, sostiene il tuo reddito; ma dall’altro lato tu caro amico ti assumi un impegno, fai un accordo con la tua comunità». Quali sono le misure concrete? «Cominciamo con le famiglie in stato di povertà con figli minori. Sono 280 mila: un milione e 200 mila persone. Ogni persona avrà 80 euro al mese, fino a un massimo di 400 a famiglia». Ministro, con 400 euro al mese non si campa. «Si campa meglio che senza. Fino a oggi quei signori hanno visto zero. Nel 2016 per loro ci sono 760 milioni. Nel 2017 ci sarà un miliardo. E stiamo preparando altri interventi». Anche il reddito di cittadinanza che propone Grillo? «Non vogliamo un assistenzialismo universale. Vogliamo un sostegno al reddito affiancato da una rete territoriale che comprende Regioni, Comuni, volontariato, e prende in carico le persone, una per una». Diranno che è un’elemosina. «Non è un elemosina. Il cittadino non dipende dal sussidio. Prende un impegno, non con Poletti, ma con i contribuenti che lo finanziano: deve mandare i bambini a scuola, deve impegnarsi in un percorso di formazione, se gli offrono un lavoro lo deve fare». L’assistenza incrocia la riforma del terzo settore. «Oggi delle politiche sociali si occupa soprattutto il Comune, di formazione la Regione, mentre per i centri impiego c’erano le Province. Domani tutti i soggetti pubblici che hanno una responsabilità dovranno collaborare tra loro e con sindacati, imprenditori, no profit. Costruiremo un’infrastruttura unica per valorizzare l’immenso potenziale di 300 mila associazioni, un milione di occupati, sei milioni di volontari. Dove non arriva lo Stato perché non ha i soldi, dove non arriva il mercato perché non ci guadagna, arriverà il terzo settore; e noi lo aiuteremo a essere protagonista. Non sarà più l’appendice della buona volontà, ma il motore del sistema. Nascerà un Erasmus del servizio civile, che si potrà fare anche all’estero: ogni lo svolgono 50 mila giovani all’anno; devono diventare almeno 100 mila. La povertà da sconfiggere non è solo economica ma educativa: i primi 150 milioni da investire arrivano dall’accordo con le fondazioni bancarie».
«Crozza? Mi diverte. Finalmente in tv si parla dei bovari»
Poletti è anche lo storico presidente della Lega delle cooperative. Un pezzo della sinistra tradizionale, che considera Renzi un intruso, un eversore. Più o meno l’idea di D’Alema. «Ma io mi sento del tutto coerente con la mia storia — ribatte il ministro —. A D’Alema potrei dire che lui voleva fare le stesse cose, che ha provato a mettere in discussione l’articolo 18, senza riuscirci. L’articolo 18 del futuro è legato alla crescita, alla ricerca, all’innovazione. Questo governo sta facendo la lotta al precariato più radicale mai vista. Si era affermata l’idea che fosse anormale assumere una persona a tempo indeterminato: su 100 avviati al lavoro, 85 erano temporanei. Oggi 750 mila contratti precari sono stati trasformati in contratti stabili. Era di sinistra avere i precari che costavano un terzo dei lavoratori stabili? Io dico di no. Io dico che questo è il governo più di sinistra della storia repubblicana». Addirittura? «Nessuno aveva mai pensato a un piano universale per la lotta alla povertà, nessuno aveva fatto l’alternanza scuola-lavoro, nessuno aveva dato un valore così profondo all’associazionismo, alla società civile. Ora abbattiamo le tasse sul salario di produttività e le eliminiamo sul welfare aziendale. Se l’azienda dà al lavoratore un voucher per l’asilo nido, lo Stato non prende un centesimo, ma risparmia perché il suo impegno si alleggerisce. E questa settimana supereremo il milione di iscritti a “garanzia giovani”. Un record mondiale». Guardi che i risultati di questa “garanzia giovani” non si vedono. «È vero il contrario. Non siamo andati a cercare i giovani; sono venuti loro. Più di 500 mila sono stati chiamati, è stato identificato il loro profilo, a 300 mila è stata fatta una proposta di lavoro o di formazione, 50 mila hanno seguito un corso di digitalizzazione organizzato insieme con Google. E questo accade dopo che negli ultimi 20 anni è stato distrutto il collocamento, ridotto ad anagrafe dei disoccupati. Non a caso abbiamo 7 mila addetti contro i 70 mila di Francia e Germania». Tito Boeri le fa il controcanto tutte le settimane. Un po’ come Crozza… «Crozza mi diverte. Finalmente in tv si parla dei bovari. Boeri fa il suo mestiere. Ma un conto è fare il presidente dell’Inps, un conto governare. Lui può formulare proposte; a noi spetta decidere. La flessibilità delle pensioni la volevo già nel 2016; ma non si fa in due minuti. Dobbiamo trovare i soldi, avere il via libera dell’Europa, individuare una soluzione che non penalizzi i più deboli. Non possiamo dare questa chance solo a chi ha una pensione tre volte la minima; e agli altri, che sono già i più sfavoriti, cosa diciamo? Gli diamo anche un calcio negli stinchi?». Corriere della Sera