La chiamai al telefono sabato scorso. Una bella giornata di sole, un’atmosfera di note, tanta gente intorno, il Festival alle spalle. Ve lo racconto perchè sono matematicamente certo di come altri al suo posto, tra giornalai e scribacchini, non avrebbero risposto al cellulare, con un occhio alla diretta e l’altro al red carpet. E non solo. Mi avrebbe addirittura invitato a raggiungerla davanti la telecamera. Un’amica. E d’altronde condividiamo lo stesso gusto amaro del saluto triste, di un saluto che cambia l’esistenza da dentro, nell’intimo. Il mio ramo genitoriale bicefalo, fatto di due mamme, è privo di una testa. Chi mi conosce lo sa. Orfani lo si può essere in molti modi, ed io sento di esserlo allo stesso suo modo. E’ per questo che credo di comprendere i passaggi, le scelte, gli umori, gli occhi, il tremolio di una mano, il tono della voce ed anche le scelte drastiche. Quelle scelte che ti espongono a critiche e talvolta a falsi segnali di approvazione. Tutto ampiamente calcolato, mi viene da dire. Tolto quel che c’era da togliere, quel che doveva andarsene, cosa può più intimorire? Solo se stessi. Ed è per questo che ogni risultato va desiderato di più, sudato di più, sofferto di più, fino al suo definitivo raggiungimento.
Francesca ci è riuscita con la forza di un leone, con lo spirito di un leone. La tenacia di una regina la cui fermezza e decisione sono acclarate dai fatti, dal percorso, dalle sfumature. Il suo nuovo progetto editoriale, che vuole probabilmente essere uno schiaffo forte ma simpatico al destino, è la risposta migliore al destino stesso. Una forza di cui molti non sarebbero stati capaci, da cui tutti abbiamo solo da imparare. I bigodini come simbolo della donna che ama sentirsi non dico bella, ma almeno donna, femmina. E quel sapore vintage che non guasta mai, in un’epoca in cui la modernità soverchia da ogni dove. E poi la colazione, il buongiorno, l’inizio della giornata come della vita. Una nuova vita. Due parole che non hanno apparentemente nulla in comune, ma che hanno invece tanto da dire, da raccontare. Un racconto che auguro essere sempre più sincero e privato, sia pure reso pubblico e quindi un racconto coraggioso. Andrea Di Bella