di Alessandro Sallusti
Non solo abbiamo un parlamento illegittimo (eletto con una legge dichiarata incostituzionale), non solo abbiamo un premier mai eletto, non solo c’è una maggioranza frutto di tradimenti del mandato elettorale, ora abbiamo anche due presidenti della Repubblica. Al legittimo inquilino del Quirinale Sergio Mattarella (per altro anche lui eletto tradendo un patto politico, quello del Nazareno), si affianca con sempre maggior peso e invadenza l’ex Giorgio Napolitano, che, in realtà, ex non è mai stato. Il peggiore capo dello Stato della storia repubblicana non ne vuole proprio sapere di andare in pensione. Trama e briga a tempo pieno, come faceva quando era in servizio permanente ed effettivo. Il suo attivismo nel difendere il mostro politico Renzi, che aveva creato con le sue mani dopo avere fallito con Fini, Monti e Letta, è imbarazzante. Di giorno in giorno perde qualche vecchio amico (negli ultimi, Eugenio Scalfari e Rosy Bindi), ma non molla. È ancora lui, e non Mattarella, a tessere la tela, a consigliare, a esternare. Chi lo guarda con la compassione che si deve a un ottuagenario si sbaglia. Napolitano è un uomo infido, cattivo e pericoloso. Dentro il paese e all’estero, chi vuole mantenere l’Italia in un regime di sospensione della democrazia conta ancora sulla complicità di questo vecchio comunista che ha avuto come unico obiettivo quello di sbarrare la strada al centrodestra. L’ha fatto usando tutti i non pochi strumenti che gli erano stati messi a disposizione, compreso il controllo assoluto della magistratura.
Adesso che vede il suo progetto vacillare per la debolezza di Renzi e l’avanzare pericoloso di Grillo e Salvini, Napolitano alza la voce, fino a sormontare quella, già flebile di suo, di Sergio Mattarella. Il quale, di fronte a tanta invadenza, appare timido, timoroso. In questa estate carica di incertezze politiche come poche in precedenza, gli italiani avrebbero diritto di sapere cosa pensa il capo dello Stato legittimo su un paio di temi come la riforma del Senato, le maggioranze variabili a seconda delle circostanze, la crisi profonda del partito di governo, il Pd, devastato dalle lotte intestine. E invece niente, dal «Quirinale uno» solo silenzi, che fanno rimbombare ancora di più i moniti di «Quirinale due». Già abbiamo due Papi, due presidenti proprio non ci volevano.