In questi giorni di luglio non è difficile incrociare per le strade delle nostre Città gruppi di ragazzi e giovani colorati e festanti: sono i tanti Grest che si fanno nelle parrocchie. Per la verità, da un po’ di tempo a questa parte, un po’ tutti propongono attività estive, ma sono stato sempre dell’idea che si tratta di altra cosa, diversa da ciò che propongono le parrocchie. E mi spiego. Il Grest non è solo una serie di iniziative ludiche-sportive che si offrono ai ragazzi per intrattenerli e impegnarli nei mesi estivi durante i quali non sanno che fare. Per la parrocchia il Grest estivo è, invece, una attività di Oratorio e quindi una occasione di formazione dei ragazzi, naturalmente con una metodologia adatta al periodo in cui si fa e all’età dei partecipanti. Ecco perché per i Grest parrocchiali la cosa più importante non sono tanto i giochi, gli sport e le varie attività che si possono e si devono fare, ma piuttosto il tema che si sceglie per trasmettere, attraverso la drammatizzazione e la formazione, un messaggio di vita ai ragazzi. Per esempio, quest’anno la proposta nazionale si basa sul tema della fiducia: una Ciurma di quattro personaggi imbarcati su una nave dal nome Konfido, decifrando i vari indizi di una Mappa Spezzata, dovranno giungere fino all’Ottavo Mare per scoprire il luogo segreto dove è nascosto il tesoro Kalèidos. I quattro amici si troveranno ad affrontare le sfide più incredibili, tra sirene e pirati, enigmi e oggetti misteriosi, scontri e tradimenti, che metteranno alla prova le loro capacità e la loro amicizia. Allegria, coraggio, stupore, capacità di “andare oltre”, tenacia, perdono: il viaggio alla ricerca di Kalèidos sarà per Rebby, Pierre, Pan e Mendoza soprattutto il modo per imparare a fidarsi l’uno dell’altro, accettando i limiti e condividendo le abilità di ciascuno, e diventare “uomini di fiducia”. Sullo sfondo viene proposta la figura di San Giovanni Bosco, nel bicentenario della nascita, un uomo e un cristiano che ha saputo fidarsi di Dio, di se stesso, degli altri e soprattutto ha dato fiducia ai tanti ragazzi che raccoglieva per le strade della Torino dell’ottocento, per offrire loro la prospettiva di una vita diversa, più umana e cristiana. C’è proprio bisogno di recuperare la virtù della fiducia, in un’epoca come la nostra dove l’individualismo ci fa vedere gli altri come “lupi” e non come fratelli da accogliere e amare. Solo chi si fida, vive. E solo la fiducia produce un sentimento di sicurezza e tranquillità, per questo possiamo dire che è l’antitodo contro ogni forma di paura e violenza, contro ogni disordine e tensione, contro ogni forma di emarginazione. Occorre formare una generazione di “uomini di fiducia”, per questa nostra società malata di diffidenza, indifferenza e superficialità. Per questo cominciamo con i più piccoli.
Padre Salvatore Alì